de Giovanni risponde a Barbano: “Il sarrismo, che prescinde da Sarri, era la follia di poter vincere…”

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De Giovanni

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Lo scrittore partenopeo, tifoso del Napoli ed “amico” del stasera ritornante Sarri, Maurizio de Giovanni, risponde ad Alessandro Barbano che gli aveva chiesto come ci si facesse ad unire e gestire sensazioni ed emozioni così contrastanti…

Alessandro carissimo, 

lascia che prima di tutto ti abbracci e abbracci in te la bellezza di quei giorni che abbiamo condiviso. E’ forse proprio questa, prima di tutto, l’idea che viene in mente oggi che vediamo ritornare uno degli artefici di quella spettacolare stagione, che in Inghilterra avrebbe portato a un Leicester e che qui, per tanti e opposti fattori che non hanno necessariamente l’odore dell’erba del campo di gioco ma piuttosto l’olezzo pesante di stanze nascoste, non ha intaccato l’albo d’oro della serie A: la bellezza.
Sappiamo bene che il Napoli di Sarri è stata una condizione che lo stesso Sarri non saprebbe ripetere. Ora è un gestore di campioni, e i gestori di campioni non sono, non possono essere maestri di calcio. Sono due categorie diverse di allenatori: all’una appartengono i Gasperini, i Mazzone, i Giampaolo, i Gattuso. In tuta, con linguaggio diretto e scomodo, stazzonati e perfino brutti a vedersi, sanguigni e realisti e tuttavia magicamente sognatori. All’altra, quella dei Mourinho e degli Allegri, degli Ancelotti e dei Capello, appartengono i profondi psicologi e i raffinati comunicatori, gli eleganti gentiluomini e i sorridenti incravattati. La bella canzone di Libero Bovio cantata da Mario Merola, Zappatore, metteva a brusco e conflittuale confronto queste due classi di persone, facendo capire che non ci poteva essere osmosi fra le due. Be’, il nostro Sarri sta invece compiendo proprio questa metamorfosi. Al Chelsea prima e a Torino oggi, il toscano non può proporsi come maestro di calcio. Al suo servizio ci sono campioni di enorme valore, che rielaborano alla luce della loro sapienza tecnica quello che dice il mister. Indicazioni, non insegnamenti. L’uomo in completo scuro, dalla voce pacata e dalle frasi forbite, è altro rispetto al nostro leader di quell’epoca. E questa è pertanto la differenza rispetto ad allora, ai giorni della bellezza, del sogno meraviglioso di una città. Era quello il Sarrismo, che prescinde da Sarri stesso, che era la follia di poter vincere con un quarto delle risorse, che il genio valesse più della pianificazione, che l’efflorescenza spontanea potesse essere più bella del giardino all’inglese, che il cuore fosse più pesante del cervello. Di quell’idea, certo, Sarri faceva parte: ma ne era appunto soltanto una parte. Il resto era la città, la sua tendenza all’irregolare, la sua capacità di esprimere bellezza selvaggia come se la coltivasse. Quella, Alessandro caro, c’è ancora e ci sarà sempre, come tu ben sai. Ci può essere una transizione, ci può essere un’annata storta: ma il Napoli torna, ci puoi giurare. Perché questa è l’unica grande città con una squadra sola, e un motivo ci sarà.
Quello che torna oggi al San Paolo è un caro vecchio amico, e merita tutti i sorrisi e gli abbracci che gli potremo tributare, fino a cinque minuti dall’inizio della partita e da cinque minuti dopo la fine. Ma durante il match è solo l’allenatore della Juventus: e come tale, sportivamente, è un avversario. E io mi auguro che sia un avversario sconfitto.
Un abbraccio. 

Fonte: CdS

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