De Laurentiis apre ad Insigne e Spalletti: “Il mister? Ho fatto centro. Su Lorenzo lo aspettiamo a braccia aperte”

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Il sinistro di Dio, sistemato sul tavolo di via XXIV maggio, potrà avere il potere d’ispirare ancora: e saranno veroniche dialettiche, che finiranno per arricchire un’estate intera, piena d’arcobaleni. Mentre il campionato sta per finire e un’altra vita – da Champions League – sta per ricominciare, con cinquanta milioni di euro più o meno in banca, Aurelio De Laurentiis trascina nel suo «magico» mondo, in cui, proiettandosi con lucidità, sembra sia tutto a posto e però niente in ordine. Dalla Sala Giunta di Palazzo san Giacomo – con al suo fianco il sindaco Gaetano Manfredi, e appena più in là Stefano Ceci, il manager-amico di Maradona che ha un calco del piede più delizioso della storia del calcio con cui omaggiare il presidente del Napoli – c’è un panorama che conquista e però un orizzonte da decifrare, andando ad immergersi nelle onde d’un discorso che sembra trascinarti al largo, con bracciate nel futuro, e poi ti riporta indietro, sul bagnasciuga a riflettere. Ma certezze ce ne sono: Spalletti ha un contratto, un altro anno più un’eventuale opzione del Napoli da esercitare; qualcosa accadrà nel mercato che verrà, però per costruire una squadra che sia «una squadra competitiva ad altissimi livelli». E poi se Insigne dovesse trovarsi male in Canada, vabbé, troverebbe chi lo accoglierebbe a braccia aperte: sarebbero le stesse che lo hanno liberato a gennaio. 

 

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LUI E LUCIANO PARTE PRIMA. Domanda di rito, quando mancano appena dodici giorni alla chiusura del mercato, e ci sono sempre interpretazioni – mai libere – che un po’ confondono l’aria. Il Napoli è terzo, si è ripreso la Champions League per due anni vissuta con rimpianto e tasche svuotate, che Spalletti ha provveduto a riempire con una stagione esaltante, almeno sino alla Fiorentina. Dunque, cosa succederà? «L’allenatore è di altissimo livello, formidabile. L’ho preso perché era il signor Spalletti. E poi ho conosciuto anche l’uomo, che è serio. Tutto ciò m’ha spinto anche a dirmi: Aurelio, anche stavolta hai fatto centro». 

LUI E LUCIANO PARTE SECONDA. E quindi, basterebbe fermarsi qua per non aprire scenari che poi si trasformano in retro-pensieri. Però nella dinamica d’un discorso articolato si scova poi una vaga allusione che pare persino una assunzione di responsabilità che l’allenatore si dovrebbe prendere: «Spalletti sta lì: si è fatto una casa? No. È lui che deve sentire che Partenope sta sulla sua testa e sulla sua anima. Se lui a un certo punto sentirà che questa anima sua si è tinta di azzurro non ne potrà fare a meno. Lasciamo lavorare e ambientare». 

RICOMINCIAMO DAL TERZO. Lo scudetto è un affare privato delle milanesi («non si può sbilanciare su chi lo vincerà») ma il terzo posto è un traguardo da custodire gelosamente «È stato il campionato più incerto degli ultimi vent’anni».

PADRE PADRONE. Poi, in un percorso che prevede pure un pizzico di retrospettiva, Adl rimette se stesso al centro delle proprie riflessioni. «C’è chi dice che siamo disorganizzati, che ho una gestione da padre-padrone. Io m’interesso delle mie cose». E continuerà a farlo, modificando una tendenza personale e forse persino una scelta di vita, trasformando Castel Volturno in una zona evidentemente da governare: «Ho capito una cosa molto semplice: devo spostare la Filmauro a Napoli e almeno tre volte a settimane devo stare lì un paio d’ore per intervenire laddove c’è un minimo di no-sentiment che può partire da un reparto, da un calciatore, da una situazione familiare, da un gruppo-allenamento. perché questi hanno mogli, famiglie, figli. Spalletti stesso ha una bambina di dieci anni e una moglie che vivono a Milano. Non è una situazione semplice». 

IL TIRAGGIRO. Siamo ai saluti, si direbbe ai titoli di coda, e dopo dodici anni, Lorenzo Insigne – domenica – uscirà dallo stadio che gli è appartenuto, ch’è stato suo come pochi altri: sarà un distacco anche doloroso, dal punto di vista emozionale, l’inevitabile conseguenza di una rapporto nelle ultime stagioni frastagliato nel quale Adl ci infila un «tiraggiro» insospettabile, visto l’epilogo di una trattativa che si è chiusa in anticipo ed ha trascinato al divorzio. Ma diventerà anche un momento emozionante. «Chi ama il Napoli e un calciatore ch’è stato fedele per tutti questi anni non può che venire allo stadio. E poi, mai dire mai: se Insigne non si dovesse trovare bene in Canada, qua deve tornare. Lo accoglieremo a braccia aperte». 

FAST MARKET. Il calcio, in questi diciotto anni di ciclo-De Laurentiis, è cambiato: un tempo, c’erano i piani quinquennali; ma adesso non si può più, il mondo gira vorticosamente, mica solo velocemente. Ora è impossibile, bisogna viaggiare rapidamente, cambiare assetto e adeguarsi. Sarà un mercato aperto, brillante, il primo, vero appuntamento dopo il Covid e ci sarà tanta voglia di cambiare. Io voglio un Napoli cazzutissimo, però so bene che se prendessi un 35enne, si direbbe che non ho puntato sui giovani e se invece prendessimo ragazzi, ci sarebbe chi mi attaccherebbe perché non voglio vincere. Dobbiamo essere virtuosi, fare di necessità virtù, sapendo che nessuno si sarebbe immaginato la sconfitta del Manchester City grazie alle intuizioni di un allenatore che sa fare i cambi come nessuno al mondo». Adl che rinnega Adl…

 

A. Giordano (Cds)

 

 

 

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