L’intervista – “Paolo di Canio: L’erede di Osimhen nel Napoli? Ad oggi dico Simeone”

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Era il 27 marzo del 1994 quando il pubblico dello stadio che all’epoca si chiamava ancora San Paolo rimase con il fiato sospeso fino al momento dell’esplosione di gioia. Tutto merito di un gol – e che gol – realizzato da Paolo Di Canio durante una sfida tra Napoli e Milan. Nella settimana che segue la rete spettacolare di Khvicha Kvaratskhelia contro l’Atalanta, i paragoni si sono sprecati e tra i tifosi napoletani non è mancato il momento amarcord legato a quel gol segnato proprio da Paolo Di Canio, oggi opinionista in tv per Sky Sport.

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Anche a lei è venuta subito in mente quella giocata?
«Sì, però io l’ho fatta nel paleolitico».
Ovvero?
«Io ero molto più lento. Ma, dico, voi avete visto cosa ha fatto Kvara? Sterzate e risterzate come un velociraptor. Quando hai quell’arte del dribbling è tutto meraviglioso. Lui prepara il gol con la giocata precedente, come se fosse un’esca alla quale tutti i difensori sistematicamente abboccano. Quella è una giocata che unisce meccanica, cognizione, capacità di interpretazione in una frazione di secondo. Inutile girarci attorno: siamo al cospetto di un atleta 3.0: un futurista».
Insomma, ci sembra di capire che questo ragazzo le piace.
«Kvara ha la capacità della percezione delle gambe degli avversari. Riguardando l’azione ti rendi conto che lui guarda il pallone appena mezza volta, poi guarda solo gli avversari. Mi rivedo in quelle giocate, ma io un po’ troppo mi perdevo. Invece lui tira delle sassate per spaccare la porta. Ecco: Kvara è un mix perfetto tra bellezza e concretezza. Si differenzia da tutti gli altri esterni offensivi per la cattiveria sotto porta».
Il prossimo anno rischia di perdere il suo compagno di merende Osimhen.
«Sarebbe un peccato perché Kvara e Osmhen sono due mini cicloni che si uniscono e ti devastano».
Eppure le sirene della Premier cantano…
«La Premier è il campionato più bello del mondo e ti mette alla prova sulla fisicità. Victor non ha quella di Lukaku. È filiforme, elastico e relativo. Ha un fisico alla Bruce Lee: un magro che ti distrugge perché ha un’energia finale. La va a prendere nelle posizioni più improbabili».
L’erede di Osimhen nel Napoli?
«Ad oggi dico Simeone, perché è più uomo d’area di rigore. Mentre Raspadori gira più a largo, mi ricorda Mertens».
Intanto ci sono ancora tutti, e allora questo Napoli dove può arrivare?
«A settembre c’era entusiasmo, ma c’era anche incertezza su cosa potesse diventare. Poi anche dopo l’inciampo di San Siro contro l’Inter, guardando la reazione, capisci che la squadra è forte e non si deve porre alcun limite. I valori si sono esaltati e migliorati giorno dopo giorno. Questa squadra è qualcosa da studiare e a mio avviso può diventare ancora più strepitosa. Non a caso sono lì primi in serie A, vicini ai 100 punti, sprintando dall’inizio alla fine».
E in Europa: qual è il salto che va fatto?
«Nei momenti topici l’esperienza fa la differenza. Già mi sono proiettato avanti e sono curioso: voglio vederlo contro una squadra di blasone nel momento di difficoltà. Come reagiscono i giocatori e che scelte fanno. Se mantengono questa freschezza, non hanno paura di incontrare nessuno e possono giocarsi le loro carte. Tutto può accadere. Per quello che hanno dimostrato in tre quarti di stagione non devono temere niente e nessuno. Perché anche quelli che subentrano fanno la differenza».
Cosa le piace di questa squadra?
«Il Napoli non gioca con la puzza sotto al naso, ma con la voglia di andarsi a prendere la vittoria».
Chi le ricorda?
«Per come sono devastanti fisicamente, per la prepotenza quando rubano palla e ripartono e per come mantengono palla con calma, rivedo il Milan degli olandesi. Ecco: per gli atteggiamenti di sicurezza e cattiveria».
Quella era anche una squadra di singoli campioni.
«Beh il Napoli oltre a Kvara e Osimhen ha Kim che è una bestia, anche nella giocata e nella ripartenza dell’azione. Un leader assoluto non di verbo ma del fare. Poi Lobotka è un supereroe e Di Lorenzo è un computer: una macchina quasi perfetta oltre che un valore aggiunto anche in fase offensiva».
E poi c’è Spalletti.
«Mi piace il suo essere sereno prima della tempesta. La serenità con cui dall’inizio dell’anno si è approcciato dando sostanza, senza far proclami o polemiche. Sta gettando in campo un tornado che diventa devastante per gli avversari. Puoi provare a schivarli, ma devastano tutti nell’atteggiamento perché si aiutano l’un con l’altro».

 

Fonte: CdS

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