Ricci (Gazzetta dello Sport): “In Qatar sono stato benissimo. C’è ipocrisia sul Mondiale”

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Filippo Maria Ricci, giornalista de “La Gazzetta dello Sport”, ha parlato a Santo Catenaccio, podcast condotto da Alberto Caccia e Michelangelo Freda. Queste alcune sue dichiarazioni:

“In Qatar sono stato bene, mi è piaciuto molto e ci tornerei volentieri, purtroppo sembra quasi che debba chiedere perdono per questo. Siamo diventati tutti poliziotti culturali. I Mondiali in Qatar li hanno assegnati nel 2010 ma si è scoperto soltanto ora l’assegnazione a quel Paese con una certa ipocrisia. Abbiamo disputato un Mondiale in Russia e nessuno ha obiettato, il prossimo lo facciamo negli Stati Uniti e non mi sembra che sia un paese scevro da razzismo e problematiche sociologiche. Le app del Mondiale che controllano i giornalisti in Qatar? è vero ma ci controllano anche qui tutte le altre app.

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Il fatto di avere 32 squadre in una sola città è qualcosa di meraviglioso calcisticamente parlando. Dopo aver fatto un Mondiale in un continente, come in Brasile grande appunto quanto un continente, quest’anno ci siamo ritrovati in un Mondiale in una città. Per i tifosi è una cosa meravigliosa: i prossimi li farei a Buenos Aires, a Londra o Parigi. C’è da dire che in Qatar però è stato sicuramente un Mondiale molto faticoso in condizioni climatiche particolari, con aria condizionata altissima in ogni impianto. Ho temuto per un calciatore australiano in un post-gara, era a petto nudo solo con una pettorina. Credo sia ancora in vita (ride. ndr). I tre giornalisti che hanno perso la vita durante la competizione? per due di loro credo non ci siano dubbi le cause naturali. Di Grant Wahl invece, che conoscevo, mi affido alle parole del fratello.

Il Marocco in semfinale? sono sincero non me l’aspettavo nell’immediato, anche se fra le cinque squadre africane era l’unica ad avere un allenatore vero (Regragui. ndr), che ha vinto con il Wydad Casablanca anche la Champions League africana. Storicamente anni fa avrei puntato col Sudafrica per strutture e non solo, ma non hanno fatto il salto di qualità.

In Marocco stanno lavorando bene, a partire dall’Academy, hanno riformato il campionato nazionale ed hanno vinto la Coppa d’Africa riservata ai calciatori che giocano in patria, hanno conquistato anche la qualificazione mondiale con la selezione femminile. Hanno una organizzazione che guarda all’Europa e in questo sono stati bravi a prendere calciatori “scartati” dalle altre Nazionali. Hanno fatto un lavoro di unione fra valori, nazionalità, essenza di radici anche per quei calciatori che erano lontani.

Sono una squadra quadrata, interessante, con una difesa granitica che in Qatar fino alla semifinale ha subito solo un autogol. Tutto questo lavoro nasce nel 2016 con Hervé Renard, poi passato all’Arabia Saudita e con Vahid Halilhodžić. Quest’ultimo in estate ha litigato con la Federcalcio marocchina ed ha lasciato il posto a Regragui. L’attuale CT ha saputo agglutinare tutto alla perfezione, saper trasformare una squadra appena dignitosa in un gruppo fortissimo. Se andiamo a vedere la lista dei calciatori fa paura, un attaccante protagonista come Boufal ad esempio gioca nell’ultima in classifica in Ligue 1. Sabiri mi diceva che per lui Regragui è il miglior allenatore mai avuto.

Il tema-Palestina in Qatar è molto presente, a Doha sono tante le bandiere palestinesi, ci sono ristoranti palestinesi, c’è una presenza. I calciatori del Marocco seguono la situazione e molti si erano già pronunciati in merito, la causa palestinese è nel loro cuore.
Calcio e politica vanno sempre a braccetto, è impossibile tenere separate le due cose, senza politica il Mondiale non sarebbe mai arrivato in Qatar. Ci sarà sicuramente qualcuno che dirà che non va bene, pazienza, penso che se uno ha un messaggio da dare o ha delle idee può manifestarle come meglio crede.

Contraddizione rispetto alle bandiere arcobaleno vietate? Il Mondiale si è aperto con i Serbi che hanno aperto con la mappa-bandiera che comprendeva all’interno anche la Bosnia. La Fifa cerca di tappare qualsiasi cosa, ma non tutto si riesce a non far passare. La Fifa fa da poliziotto e si occupa dei casi di volta in volta”.

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