Zenga: “Napoli/Atalanta mi ha stregato, è stata l’Oscar della bellezza”

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L ’uomo che parava tra le stelle, ora se ne sta dentro uno studio televisivo, e semmai in uno schermo che sembra gli abbiano cucito addosso, perché «l’originale» è spesso stato lui, per ciò che ha fatto, per quel che dice, per quell’aria da eterno ragazzino che a 61 riempie il video, così faceva con l’area di rigore. Si gioca, ora e sempre, e nelle tele dell’Uomo Ragno ci resta questo calcio «onnivoro», che tra campionato e coppe diventa un palinsesto quotidiano da afferare con mani sicure sul telecomando.  

 

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 Un esteta del calcio di nome Zenga cosa si porta appresso di questi primi tre mesi di calcio? «Il retrogusto dolcissimo di Napoli-Atalanta, una partita che vale più di qualsiasi spot del nostro campionato. Un’ora e mezza bellissima, un momento alto, dal punto di vista tecnico e tattico, con gli allenatori che si prendono la scena per quello che hanno saputo costruire». 

È stata la sfida Spalletti-Gasperini. «Ricca di idee, di originalità, di iniziative, di scelte mai banali. Io quando giocano il Napoli o l’Atalanta sto sempre davanti al televisore, perché so che mi divertirò». 

E poi l’accende per l’Inter, ovviamente, come sanno anche le pietre di qualsiasi strada. «Sono tifoso e dunque non posso perdermi in previsioni sulla favorita per lo scudetto: sono di parte, mi auguro che sia ancora dell’Inter. Ma poi mi estranio e aggiungo: gioca bene, benissimo, l’Inter; lo fa anche il Milan, onestamente; e se devo allargare l’orizzonte, c’è chi propone scelte di spessore come Tudor al Verona, Italiano alla Fiorentina ,Sinisa al Bologna e Andreazzoli all’Empoli».


Non fugga dalle proprie responsabilità: chi vincerà, se possibile? «Non si scappa dalle prime quattro ed è impossibile, allo stato attuale, dare le percentuali. Stanno tutte lì, attaccate, ognuna con le proprie caratteristiche e con organici di assoluto livello, pieni di fisico e di talento. E con in panchina tecnici che pensano e che pesano». 
 
Diceva l’Avvocato, gli allenatori incidono al 20%. «Ho avuto la fortuna di vivere quel tempo da calciatore e quando parlava Agnelli, si ascoltava e non si commentava. E comunque, all’epoca aveva ragione; e forse oggi oscilliamo intorno alla stessa percentuale, poco più o poco meno, dipende dai casi». 

La settimana delle Coppe. «Quando sento qualcuno sostenere che ci sono manifestazioni, per esempio l’Europa League, che danno fastidio, mi viene la pelle d’oca. Non è mai stato così, né porta mai esserlo. E mi viene da ridere se qualcuno possa sospettare che l’Inter, essendo già dentro, possa andare a Madrid distratta o soddisfatta di quanto ottenuto. Al Bernabeu un calciatore ci mette piede – forse – una volta sola e in quella circostanza gioca per la squadra, per sé, per l’orgoglio, per la professionalità». 

L’Europa condiziona? «In parte sì, ma secondo me il calendario sfalsato è la varabile impazzita di quest’anno: al ritorno, alla prima, ci sono Juventus-Napoli e Milan-Roma; alla seconda, Inter-Lazio e Roma-Juventus; alla quinta il derby a San Siro. Lei pensi che con il Crotone, mi toccarono Lazio e Napoli alla fine, feci un punto in due partite».

È dura per il Milan... «Ma si può fare e non perché il Liverpool si senta già appagata, vale in questo caso il discorso di sopra. Il Liverpool è una motivazione per chi lo guarda, penso a Klopp e a Salah – uno da Pallone d’Oro – e mi dico che già osservarli vale la pena di pagare un biglietto. Ma Pioli ha dato identità al proprio calcio, ha uomini di personalità, è in una fase che, nonostante le assenze, gli viene naturale esprimere gioco. Sono ottimista, passano in tre». 

Ha già promosso l’Atalanta. «Gara non semplice ma ciò che ha visto sabato sera, a Napoli, merita rispetto. Ha vinto una gara difficilissima e lo ha fatto a modo suo, è in una condizione strepitosa, ha giocatori che ti catturano lo sguardo e un modo di esprimersi che è unico nel suo genere». 

La Juventus fa una passeggiata in Champions, aspettando di mettersi a correre in campionato. «Servirebbe qualcosa di più possente d’un miracolo per rivedere lo scudetto. Dover ne riprendere quattro significherebbe procedere con un’andatura terrificante e un ruolino di marcia da record. Può avvicinarsi alla zona Champions, questo sì».

Se Zenga fosse stato Allegri sarebbe tornato alla Juventus«Certo che sì. Conosco Max dai tempi di Padova, lo spinsi a venire là e poi, non scherzo, dopo qualche mese me andai in America. So cosa può dare, è padrone delle situazioni, è dentro il club, e la scelta è stata legittima». 
 
La rosa più forte? «Non ci giro intorno, le prime quattro non stanno lì per diritto divino. Hanno organici di livello impressionate e sono gestiti da tecnici moderni. Gasperini e Pioli portano avanti da un po’ il proprio progetto, Inzaghi e Spalletti hanno avuto l’intelligenza di non smantellare ciò che hanno trovato e poi ci hanno messo le proprie conoscenze, che sono enormi». 

L’Oscar della bellezza? «Napoli e Atalanta mi hanno stregato, soprattutto in quei 90’». 
 
Quello della sfortuna? «Beh, Spalletti si è sistemato bene, perdendone sei, che mi pare siano diventati sette con l’infortunio di Lobotka, e tutti contemporaneamente. La sua Coppa d’Africa è cominciata con un mese e mezzo di anticipo, circa. E però se le prove per affrontare l’emergenza sono come quelle della loro ultima prestazione, allora può starsene tranquillo. Mi pare che tutti, più o meno, abbiano dato alla sorte: l’Atalanta ne ha persi, il Milan e l’Inter pure». 

Si gioca troppo? «Io quando ero in Championship, al Wolverhampton, affrontavo sette gare al mese: sabato e martedì, sempre in campo. Non riesci ad allenarti, l’acido lattico ti arriva alla gola, non c’è turnover che tenga. Sei massacrato, fisicamente, e non ne esci».

Non è una domanda di circostanza: quanto le manca la panchina? «Ne faccia un’altra, se può. O semmai tenti d’indovinare. Io a Sky ci sto benissimo ma ho ancora bisogno del campo». 

Fonte: CdS (A. Giordano)

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