Pantani, mamma Tonina in aula a Napoli per andare fino in fondo

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Pantani, in aula la madre del pirata «Riaprire il caso sulle scommesse»

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Non ha voluto rinunciare ad essere presente a Napoli, per confermare con il suo sguardo la richiesta di andare fino in fondo sulla morte del figlio. Tribunale di Napoli, ottanta anni compiuti e tanta voglia di verità. È Tonina Belletti, mamma di Marco Pantani, che non si arrende, che chiede che le indagini su presunte trame criminali dietro il clamoroso stop del figlio al giro d’Italia vadano avanti. Fino in fondo.
Dinanzi al gup Rosa De Ruggiero, è toccato all’avvocato Antonio De Rensis articolare le sue conclusioni, che puntano ad opporsi alla richiesta di archiviazione sostenuta poche settimane fa dalla Procura di Napoli, a proposito del fascicolo del caso Pantani.
Corruzione aggravata finalizzata dall’aver agevolato la camorra a carico di ignoti era l’ipotesi battuta a Napoli, dopo alcune intercettazioni che hanno riguardato almeno due camorristi, a proposito del giro di scommesse e di interessi criminali all’ombra del Giro. Ricordate quelle frasi intercettate? Vennero captate dalla Dda di Napoli, nel corso di altri filoni di indagine e lasciavano emergere uno scenario da brividi: alcuni camorristi erano a conoscenza che Pantani a Madonna di Campiglio sarebbe stato fermato con verifiche posticce, unico modo per controllare il banco delle scommesse clandestine sul giro d’Italia. Personaggi del calibro di La Torre e di Tolomelli (ma sono stati tirati ballo anche casalesi e il clan Mallardo) sono stati intercettati mentre alludevano a un business clandestino e alla necessità di colpire il «pirata». Ipotesi di accusa che rende necessario il coinvolgimento di pubblici ufficiali, anche se il fascicolo è stato sempre aperto a carico di ignoti, di personaggi da identificare.
L’ARRINGAMa ieri è toccato all’avvocato De Rensis opporsi alla richiesta di archiviazione, battendo su alcuni punti in particolare. Si parte da una premessa: «In questa indagine si deve appurare non chi ha commesso il fatto, ma se c’è stata manipolazione, perché se questa manipolazione c’è stata è molto chiaro arrivare ai responsabili».
Ed è in questo scenario che la difesa della madre di Pantani chiede che la Procura di Napoli disponga un approfondimento scientifico, ovviamente tramite un proprio consulente, per valutare le discrepanze tra i valori ematici che condannarono Pantani alla squalifica.
Ricordate quel 5 giugno del 1999 a Madonna di Campiglio? Fu il giorno in cui lo scalatore di Cesenatico fu espulso dalla corsa, dopo che un esame cui fu sottoposto qualche ora prima rivelò valori di ematocrito troppo alti. E ha ricordato ieri l’avvocato: l’esame fatto a Madonna di Campiglio rivelò valori con piastrine a 106mila, mentre qualche ora dopo all’ospedale civile di Imola lo stesso esame rivelò valori a 160mila. Dati incompatibili in un lasso di tempo tanto ristretto, «per cui – è la sintesi dell’intervento difensivo – uno dei due esami non è vero». Quale è più attendibile? Quello in una stanzetta di hotel o in un ospedale civile?
E non è tutto. È ancora l’avvocato De Rensis a chiedere che vengano ascoltati dal pm i testimoni di quella mattina, a proposito di un dato: la presenza del supervisor al giro d’Italia, che viene invece negata dai tre medici che effettuarono i prelievi. Stando alle testimonianze emerse finora (anche grazie alla ricostruzione giornalistica de le Iene), c’è chi è pronto a giurare di aver visto piangere il supervisor intorno alle 9.30 («oggi il ciclismo è morto», avrebbe detto). Impossibile interrogare il supervisor, dal momento che pochi mesi dopo quella mattinata, il professionista è deceduto in circostanze accidentali, precipitando in un lago ghiacciato. E non è finita. È sempre il legale di parte a chiedere che vengano interrogati i soggetti intercettati, quelli che tirano in ballo la camorra e il giro di scommesse, un business che avrebbe imposto ai clan di non scommettere su Pantani, spostando dal giorno alla notte volumi di affari, approfittando del crollo di una star dello sport nazionale, vittima di una tragedia su cui non deve calare il sipario.
A cura di Leandro Del Gaudio
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