Maradona Junior: “Dopo la pace sogno di allenare con papà. Ho un grande rimpianto”

Rimpianto? "«Nella mia vita calcistica sicuramente quello di avere messo sempre il Napoli davanti a tutto. Non ho mai guardato verso altre squadre"

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Ventinove anni di buio e di fantasmi seguiti da altri cinque di luce raggiante. La vita di Diego Maradona junior ha avuto due fasi diametralmente opposte. Un pre e un post Diego Armando, quel papà che non c’era, quell’uomo capace di fare innamorare una città intera nella quale era nato il figlio che ignorava.
Partiamo dal dopo, cioè dal presente: oggi che rapporto ha con suo padre?
«Da quando abbiamo ricomposto il rapporto, papà si è sempre comportato bene e mi ha dato dei consigli importanti. Spesso mi chiama. Parliamo dei nipoti che in questo momento sono la cosa più bella. Vedere i miei figli in braccio a mio padre è stata una grande emozione: si è chiuso il cerchio. Uno augura sempre il meglio ai figli, io non ho avuto certe cose da piccolo e vedere che invece loro le stanno ricevendo mi riempie la vita».
Quanto è stato difficile il prima?
«Tanto. Tantissimo. Ma in fondo ho sempre avuto la consapevolezza che prima o poi quell’ombra sarebbe diventata una presenza. Non potevamo continuare così, con quella situazione che sfiorava il ridicolo».
Tre anni fa suo padre le ha chiesto pubblicamente scusa.
«Quei 29 anni senza di lui non sono stati facili dal punto di vista emotivo. Ma la gioia che ho visto negli occhi di mia mamma e di mia moglie quando sul palco del San Carlo, il teatro più importante del mondo, davanti alla sua gente, lui ha chiesto scusa è stata indescrivibile. Quello è un momento che porterò nel cuore per sempre. Ma per me non c’era bisogno che chiedesse scusa».
Perché?
«Si è sempre dimostrato molto pentito di quello che ha fatto, ne avevamo già parlato tante volte. Se io l’ho cercato tutta la vita è perché l’ho perdonato dall’inizio. La lotta che abbiamo fatto con mia madre e con l’avvocato Enrico Tuccillo, scomparso a causa del Covid, è stata difficile e complicata. Per come è andata a finire ne vado fiero. Non abbiamo mollato e non ci siamo piegati».
Diceva di sua mamma: che ruolo ha avuto nella sua vita?
«Mia mamma è stata meravigliosa. La ringrazierò sempre per avermi detto la verità in ogni momento. Ma la mia famiglia è molto di più che mia madre. I miei nonni sono stati fondamentali per la mia crescita, così come i miei zii. Per molto tempo sono stato a casa con loro e per me sono stati dei fratelli maggiori».
Ma veniamo al presente: tra calcio e radio.
« Sto lavorando come speaker radiofonico a Radio Crc e come allenatore con il Real Casarea».
In radio?
«È nato tutto per caso. La prima telefonata mi è arrivata da Michele Chianese. All’inizio non l’ho presa seriamente perché ho sempre voluto fare l’allenatore. Ma una chiacchierata non si nega a nessuno, anche perché mi stavano offrendo un lavoro. Ammetto che sulle prime non ero molto convinto, ma accettai perché era comunque un’esperienza. Puntata dopo puntata mi è piaciuto e oggi non so se riuscirei a fare a meno della radio. Mi diverto, mi piace e abbiamo una squadra molto bella. Da quando ho iniziato a settembre ho cambiato molte fasce orari e molti programmi, spaziando tra sport, intrattenimento e attualità. Attualmente sono in onda dalle 11,30 alle 13. La trasmissione si chiama Si può fare facciamolo, ed è nata dopo il lockdown».
Papà è già intervenuto in diretta con lei?
«Non l’ho ancora invitato in trasmissione ma un giorno chissà…»
Il suo sogno nel cassetto?
«La radio mi piace tanto, ma spero sempre di potermi sedere in panchina accanto a lui: è un sogno che ho da piccolo».
Da allenatore cosa insegna ai suoi ragazzi?
«Dal punto di vista tecnico sono un malato del possesso palla. Dal punto di vista umano batto sempre sul divertimento. Perché per prendersi il veleno c’è tempo».
Rimpianti?
«Nella mia vita calcistica sicuramente quello di avere messo sempre il Napoli davanti a tutto. Non ho mai guardato verso altre squadre. Ho un rapporto viscerale con la mia città, questa è casa mia e la amo con tutti i suoi difetti».

Factory della Comunicazione

Bruno Majorano (Il Mattino)

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