Mimmo Caratelli: “L’ossessione  del sarrismo” e i paradossi del Napoli

0
L’editoriale di Mimmo Carratelli sul CdS:

Factory della Comunicazione

Dentro la foto scelta per accompagnare sui social i saluti “ai miei giocatori”, sta pigiato tutto il paradosso dell’allontanamento di Ancelotti da parte di un club che in 90 anni di storia ha vinto la metà dei titoli suoi in meno di un ventennio. È lo scatto dell’ultimo istante di felicità. L’abbraccio senza freni di Insigne dopo il gol del 3-2 a Salisburgo. Come un direttore alla fine di una sinfonia si volta verso i suoi, a concedere l’applauso della platea e il proprio, così Carletto si è congedato da un’orchestra che aveva però da tempo in testa un’altra musica. Un gruppo figlio di cessioni che andavano firmate prima, di terzini promessi e mai arrivati. 

 

Un’ossessione ha abitato dentro il corpo del Napoli in questi 18 mesi, impedendo al riformista Ancelotti di completare la mutazione genetica della squadra. Il sarrismo non ha mai lasciato le teste dei giocatori, con tutto il corredo del 4-3-3 e del tiro a giro di Insigne. Non è stato espulso dai pensieri perché non è uscito dalla testa di un ambiente intero, a partire dallo stesso presidente, che come ai bei tempi faceva Berlusconi in pubblico, in privato diffondeva la sua preferenza per il modulo di Sarri, ripudiato in perfetta solitudine da Ancelotti dopo 3 partite e una sconfitta pesante sul campo della Sampdoria.
Ancelotti ha sfidato subito il vecchio modulo. Ritiene che il calcio moderno sia fatto di strappi e scatti, non di trame cucite. Pensa che sia finita l’era degli specialisti e che sia iniziata quella degli ibridi. Per capirci: meno Jorginho e più Fabián Ruiz. Fino allo scorso gennaio era persino riuscito a convincere Insigne che un’altra maniera di attaccare gli fosse congeniale, e che un gol si può segnare addirittura calciando di collo pieno. Quando gli obiettivi sono venuti meno, con la Juve lontana e la Champions perduta, quando il capitano Hamsik ha preso il volo per la Cina, il Napoli ha scoperto un vuoto e non ha saputo colmarlo. La scollatura è iniziata a gennaio, non due mesi fa. Un mercato incompiuto l’ha resa fatale adesso.
Il ritorno alle certezze dei meccanismi del sarrismo e dei gesti imparati fino a una robotica precisione è parso allora ai giocatori il modo di riempire il vuoto percepito. Hanno avuto paura dell’ignoto e del mare aperto che Ancelotti mostrava. Hanno messo la comodità della routine dinanzi alla sfida della scoperta. Mentre il ricordo del sarrismo spaccava il tifo tra i nostalgici – che a Napoli non mancano mai – e una minoranza laica, la squadra ha fatto sue quelle divisioni, le ha respirate e assorbite, mescolandole ai malumori per i contratti in scadenza, per le uscite a vuoto del presidente («se Callejón e Mertens vogliono fare le marchette in Cina, vadano»), per un ritiro imposto, per le multe. De Laurentiis è andato nel panico. Ha avuto paura di fidarsi. Tra Insigne e Ancelotti ha scelto Raiola, e insieme a lui Mendes, rinunciando al coraggio e alla diversità di questi anni. Che allora torni pure il 4-3-3, ma è sempre stata la capacità di leggere più spartiti, e interpretarli, a marcare la differenza tra un’orchestra e una banda di paese”.  

 

 

 

 

 

Potrebbe piacerti anche
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.