Sandro Veronesi: “Sarri nasce da un’intuizione di De Laurentiis, ma di lui mi preoccupano i divorzi improvvisi”

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Sandro Veronesi al Cds:

Factory della Comunicazione

«Scrissi una volta che mi sarebbe piaciuto cenare con lui in una delle trattorie in cui me lo figuravo. Mangiare, fare la scarpetta, parlare di John Fante e Charles Bukowski. Avevo saputo che li leggeva».


 
E se n’era stupito. «Lui era all’Empoli, poi è passato di corazzata in corazzata. Abbiamo condiviso lo stesso humus. Quando ero ragazzo, gli intellettuali si occupavano molto poco di calcio. Ora quel problema non c’è più. E’ passato il principio in base al quale non ha nessuna importanza se il mondo in cui scarichi la passione ti somiglia. Però mi fa piacere trovare alla guida della squadra per cui faccio il tifo una persona capace di apprezzare questi autori, quelli che anch’io amo». 

Probabilmente alla Juve non lo hanno preso per questo. «Suppongo di no. Lo hanno preso perché grazie a un’intuizione di De Laurentiis, che lo ha scoperto e ci ha creduto, Sarri ha dimostrato di saper gestire grandi squadre e grandi giocatori». 
Quello di Sarri è un gioco che si può definire letterario? «Di bukowskiano Sarri ha il look: la barba lunga, la cicca in bocca. Di Fante, o meglio del suo personaggio principale, Arturo Bandini, vedo in lui l’esaltazione. Bandini è un sognatore, un visionario e soprattutto un esaltato. Proprio attraverso questa esaltazione diventa un eroe e riesce a trascinare chi gli sta intorno. Non so se Sarri sia così, ma certo non potrebbe amare Fante senza amare Bandini». 
 
Quindi ci aspetta un campionato esaltato, oltre che esaltante. «Direi perverso: Sarri alla Juventus, Conte all’Inter. E Ancelotti al Napoli. Anche quella è un’anomalia, pure se lo scorso anno è passata quasi inosservata. Ancelotti è un simbolo del Milan e della Roma. Ogni giornata diventerà uno straordinario intreccio di nostalgie e rancori. Bene, vincere a un gioco perverso talvolta può dare più gusto». 
 
Anche la disciplina e l’estetica di Sacchi se riferite alla Juventus acquistano un che di estraneo.
«Mi permetto di dire che questo mi sembra un luogo comune. In entrambi i sensi. Ho visto la Juventus di Allegri andare in gol dopo venti passaggi al termine di una manovra che non aveva nulla da invidiare a quella del Napoli. E anche con le gestioni precedenti, con Conte, con Capello, onestamente non mi sembra giocassimo male. A me poi faceva paura il Napoli di Sarri non quando splendeva ma quando lo vedevo segnare all’ultimo o fare due gol al Chievo in quattro minuti subito dopo che lo avevamo dato per spacciato. Certe volte nella squadra di Sarri rivedevo la mia, la stessa determinazione a non arrendersi». 

Infatti i tifosi del Napoli l’hanno presa male. «E non si può biasimarli. Ma ragionare si può. A Napoli hanno tutto il diritto di sentirsi traditi, per il modo in cui vivono il calcio, per come è stato raccontato il Sarrismo. D’altra parte esistono limiti a ciò che i tifosi possono pretendere. Vietare ai calciatori e agli allenatori che sono stati con te di andare in certi altri posti non rientra in quei limiti».

Anche molti juventini, del resto, avrebbero preferito qualcos’altro. «Infatti, forse per la prima volta napoletani e juventini erano uniti dalla stessa speranza. Per un po’ ho creduto a Guardiola. Immagino che le clausole che lo legavano al City fossero impenetrabili. Pensiamo a che cosa ci aspetta in ogni conferenza stampa, le domande che possono far tremare gli edifici, che so, chiedere al Conte interista quanti scudetti abbia vinto la Juve o al Sarri juventino qualcosa sul Napoli. Se la Juve avesse scelto Guardiola avrebbe evitato questa perversione, come l’ho chiamata prima. Con Sarri l’ha suggellata». 

Scenario apocalittico. «Alla fine tutto tornerà come prima. Si tiferà per i propri e si fischieranno gli avversari in quanto tali, non in quanto traditori. Persino la Roma digerirà gli addii di Totti e De Rossi, sopravviveremo a un allenatore che si presenta vestito da Zorro. La perversione è un atteggiamento mentale». 

Si aspetta che Sarri vinca la Champions League? «Io penso che a forza di esserci tutti gli anni la Champions prima o poi arriva. Me lo aspetto come sbocco naturale di un sogno collettivo che la Juventus è riuscita a rendere plausibile. Dipenderà anche dalla campagna acquisti, naturalmente. Ma non credo che Sarri sia venuto alla Juve per sovrapporre se stesso a ciò che già c’è. Anche al Napoli cominciò con un modulo e seppe cambiarlo. Vorrei essere una mosca per assistere, nascosto dietro un bicchiere, alla prima conversazione con Cristiano Ronaldo. Sa che cosa mi aspetto da Sarri? Qualche gol in più di Cristiano, il recupero di Dybala e una condizione fisica che non crolli tra marzo e aprile. E un’altra cosa: meno infortuni muscolari. Non ho idea di come facesse, ma mi faceva disperare il fatto che a Napoli riuscisse a mandare in campo sempre gli stessi una giornata dopo l’altra. Se accadesse tutto questo allora sì, potremmo anche vincere la Champions League». 

Tra Sarri e la Juve, chi sarà a cambiare l’altro? «Sarri ha sessant’anni, neppure Boniperti lo convincerebbe a sbarbarsi e a mettersi la giacca. Oppure ha deciso lui, giovane per il grande calcio com’è, che è giunto il momento di consacrarsi e indossare la cravatta. Può essere. In realtà ho una sola preoccupazione: la predisposizione al divorzio di Sarri. Un anno in Inghilterra e va bene, possono entrarci il problema della lingua, la famiglia. Ma perché ha lasciato Napoli proprio quando sembrava arrivato il tempo di vincere? Certo, De Laurentiis ha un bel caratterino. Ce l’ha pure Andrea Agnelli. Conte può testimoniare». 

 

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