Mesto a Il Mattino: “Il Napoli più maturo del 2013, può fare l’impresa contro l’Arsenal”

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Ha smesso di giocare da due stagioni. Ora fa il papà ed il marito a tempo pieno, ma Giandomenico Mesto, 36 anni, ci tiene a sottolineare che si allena tutti i giorni. Non più calcio, però. Si è dato al crossfit: attività ginnica che prevede allenamenti ad alta intensità. Intanto continua ad avere un occhio aperto anche sul mondo del calcio, che poi resta la sua prima passione. Ecco le sue parole ai microfoni del Mattino:
Quindi ora ha un fisico bestiale.
«Mi sono appassionato a questo sport in attesa di capire il da farsi».
E il calcio?
«Sono in contatto con la dirigenza del Genoa e potrei intraprendere un discorso con loro. Diciamo che non mi dispiacerebbe, ma al momento è un progetto tra tanti». 
In che ambito le piacerebbe ritornare?
«La mia è più una vocazione dirigenziale. Mi piace stare sul campo e non ho il desiderio di allenare». 
Lei ha smesso due anni fa dopo l’esperienza in Grecia con la maglia del Panathinaikos: come è arrivata quella chiamata?
«Ero fermo da un po’ e lì allenava Stramaccioni. Per di più a loro serviva un terzino destro e l’operazione è stata lampo».
Che tipo di esperienza è stata?
«Si tratta di un campionato diverso dalla serie A. Ma avevo voglia di un’esperienza all’estero prima di smettere. A livello di vita è stata un’esperienza bellissima. Sono stato benissimo e quando posso torno ad Atene perché è piaciuta anche alla mia famiglia. Dopo non ho trovato altre soluzioni stimolanti, altrimenti avrei continuato volentieri a giocare, forse anche in Grecia».
E il calcio lì come era?
«Sicuramente sono più indietro dell’Italia ma lì abbiamo fatto anche l’Europa League».
A proposito di Europa League, giovedì sera il Napoli è tornato all’Emirates dopo il ko in Champions del 2013. Lei era in campo con la maglia azzurra: che ricordi ha di quella sera?
«Uno dei punti più alti della mia carriera. L’atmosfera della Champions è il massimo a livello di club per un giocatore. In quel caso l’avversario era grandissimo e si giocava in un bellissimo stadio. Avevo una grande voglia di dare tutto. Non sempre sono riuscito a dare il 100%, ma quando mi sono trovato a giocare in stadi così sono sempre riuscito a fare delle grandi partite».
La partita andò male, stesso risultato di giovedì sera: 2-0 per i Gunners.
«Noi cercammo di ripartire anche dopo i gol e di giocare, ma eravamo ancora un po’ inesperti e poco rodati. La difficoltà di partire e di trovarci sotto di un gol ci mise ko. Fu una bella lezione. Poi facemmo un grande girone di Champions». 
Finito male, però.
«Non passare con 12 punti non era mai successo. Fu davvero assurdo. Ricordo ancora l’amarezza. Credo che se non avessimo fatto tutti quei punti avremmo preso l’eliminazione con maggiore filosofia».
Perché il Napoli può credere nella rimonta.
«Rispetto alle sfide del 2013 gli azzurri hanno una maturità maggiore acquisita in questi anni. Hanno dimostrato di poter stare ad alti livelli e di poter competere con tutte. Oltre al valore dei giocatori credo ci sia anche la maturità di una società e di una squadra che lotta da anni. E poi c’è l’apporto di un allenatore abituato a vincere».
Lei come allenatori a Napoli ha avuto Mazzarri e poi Benitez: cosa è cambiato nei due cicli?
«Mazzarri mi aveva allenato tre stagioni a Reggio e ci conoscevamo molto bene. Cercava un’alternativa a Maggio anche in vista degli impegni europei e dopo 4 anni al Genoa sono approdato a Napoli nell’ultimo giorno di mercato».
E con Benitez?
«Giocava in modo diverso e per gli esterni l’adattamento naturale era fare il terzino nella difesa a 4. Con Gasperini al Genoa lo avevo fatto a destra e sinistra».
Due filosofie diverse.
«Avevano metodi di allenamenti diversi e una diversa gestione della rosa. Era evidente che Mazzarri si focalizzasse molto su un 11 di base e pochi cambi. Mentre con Benitez c’era una rotazione molto più ampia che permetteva a tutti di sentirsi coinvolti nel progetto e importanti in varie fasi della stagione».
Nella successiva stagione, invece, ci il ko in semifinale di Europa League contro il Dnipro.
«C’era il pensiero di arrivare in fondo. E infatti uscire col Dnipro fu una bella batosta. Ma sono esperienze formative. Ecco perché credo che anche oggi che ci sono in rosa alcuni dei giocatori che erano in campo in quella semifinale faranno tesoro dell’esperienza maturata».
C’è qualcuno con cui si sente ancora oggi?
«Con Insigne ogni tanto ci sentiamo. L’anno scorso, verso fine stagione, Reina fece la festa di saluto e sono venuto apposta da Sanremo. Fu una bella occasione per rivedere i miei ex compagni. Sentirsi frequentemente non è semplice».
Con chi era più legato?
«A Maggio, Paolo Cannavaro e Aronica. Ma eravamo un bel gruppo. Poi Napoli si presta molto per fare gruppo: bei posti e buona cucina. Poi i napoletani sono accoglienti e questo influisce positivamente».

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