C. Marolda: “La rivoluzione copernicana di Ancelotti”

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Maurizio Sarri diceva che bastavano pochi uomini per fare una rivoluzione. Carlo Ancelotti, invece, la sta facendo a modo suo. Ce lo spiega Ciccio Marolda sul Corriere dello Sport:

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“Quando il calcio diventa iniziativa, intraprendenza, quando il traguardo da tagliare è quel famigeratissimo equilibrio rubasonno di tanti allenatori, beh, allora, come insegnavano i maestri sudamericani d’una volta, la salvezza si nasconde dietro una semplice e scontata soluzione: allargare il campo quando si è padroni del pallone e rimpicciolirlo quando il pallone ce l’ha chi sta dall’altra parte. Questa, si capisce dev’essere opinione condivisa tra allenatore e squadra, altrimenti buona notte, ma se quest’intesa si realizza, beh, allora quello che fa la differenza, è la tecnica, il talento, la qualità dei calciatori. E, manco a dirlo, dell’allenatore. Che cosa c’entra tutto questo con il Napoli di Udine e di oggi? C’entra, c’entra. Perché è proprio questo che sta complessivamente capitando a questa squadra. E, seppure tra una sofferenza e l’altra, la cosa sorprendente, praticamente straordinaria, è che quest’armonia, manco fosse cosa naturale, sia stata composta in poco tempo. Un niente, rispetto a quello che di solito pretende il pallone quando fa la rivoluzione. Sì, il nuovo Napoli è copernicano. Non sempre bello – come contro l’Udinese per capirci – ma copernicano perché ha rimesso la squadra al centro del sistema, che giochi Insigne o Verdi, Malcuit oppure Hysaj, Karnezis oppure il signor Ospina. Roba da non crederci se si va col pensiero appena un poco indietro. Ma non è lì che deve tornare il pensiero azzurro. Messa alle spalle l’onesta, volitiva, ma non impossibile Udinese e urlato alla Juve che, come ha certificato il Genoa, il campionato non è già tutta roba sua, è infatti a Parigi che corrono le attese e le speranze di Ancelotti e della sua eccitata compagnia.
Già, ma chi fermerà Neymar, Mbappè e Cavani? Ecco, è questo l’ovvio interrogativo del momento e la risposta può non essere che una: Albiol, Koulibaly e Maxsimovic che hanno già mortificato il tre dell’Ave Maria di Jurgen Klopp. Certo, dopo il Liverpool incartare pure il Psg sarebbe una gran bella cosa. Non ancora da cittadinanza onoraria come spera Ancelotti che prima o poi gli accada, è vero, ma non si può mai sapere. Tre, infatti, gli azzurri ai quali è stata già consegnata quella pergamena: l’indimenticabile Petisso (nel 2009) e ci sta sicuramente; Re Diego (nel 2017) e non si discute; poi Gokhan Inler (2015) e, con tutto l’affetto caro Gokhan, non se ne capisce ancora la ragione”.  

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