Ancelotti vuol dire Champions, bentornati a casa sua

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Ancelotti vuol dire Champions, e non c’è neanche da sforzarsi troppo per intuirne il motivo. E’ il respiro internazionale acquisito nel tempo, conquistato sul campo, attraversando l’universo-calcio, indirizzandolo anche attraverso teorie e certezze, una saggezza di fondo che gli appartiene geneticamente e intuizioni tecniche che hanno squarciato orizzonti. E Champions significa Ancelotti, mica solo perché la vita e poi l’ha rivinta, ma perché sa domarla, la conosce, la sfida frontalmente governando quelle sensazioni che altrimenti rischiano di trascinarti fuori e di frantumarti.

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La Champions è una dimensione costruita nel tempo e che non s’è dissolta il 27 settembre dell’anno scorso, quando il 3-0 del Psg gli ha consentito di scrutare il mondo e di viverlo senza lo stress della partita, senza le tensioni del risultato, senza gli echi della critica e poi accorgersi che non c’è calcio senza Champions. E non c’è Champions senza Ancelotti. Bentornati a casa sua, che ha una finestra anche sul Marakana. 

 Fonte: CdS

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