Calcio Femminile – Eniola Anuko (att. Juventus): “Il club bianconero sta facendo crescere il movimento”

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Che sia in campo o in tribunale, c’è da fidarsi dell’avvocato Eni: lei alza la voce in un mondo in cui molti tacciono. Non teme i razzisti, figurarsi le bionde danesi. Eniola Aluko, 31enne nuovo acquisto delle Juventus Women già in clima Champions, ha il coraggio dei giusti e la determinazione dei centravanti sanguigni: certe doti sono servite pure per appendere in camera una laurea in Legge. Nella sua Inghilterra è diventata una star per aver denunciato nel 2016 l’ex c.t. Mark Sampson, autore di un commento razzista sulle sue origini nigeriane: il tecnico ha salvato la panchina per un anno, fino al licenziamento del 2017. Dopo sei stagioni al Chelsea, ora la Aluko ha scelto di inseguire la Champions alla Juve: domani a Novara attacca l’Europa nell’andata dei 16esimi contro il Brondby. Rita Guarino si affida parecchio a lei, il «Rooney donna», brava con i piedi e lesta con la penna: da poco è diventata pure «columnist» sul Guardian.

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Allora Aluko, come sono andati i primi mesi bianconeri? «Che bella Torino, così diversa da Londra, per fortuna. Ho preso un appartamento molto… italiano: vedo le colline, i palazzi, le chiese. E ho legato molto con Cristiana Girelli: parla un buon inglese, mi aiuta e mi fa ridere. La Juve è super professionale: cura tutto, dall’alimentazione alla palestra. Non succede neanche nei top team…».

Ma i k.o. in amichevole con Chelsea e Arsenal dicono che il gap con i top team esiste. «È vero, ma bisogna guardare la prospettiva: in Inghilterra esiste il professionismo da 4 anni. La Juve deve focalizzarsi solo su se stessa: serve tempo, ma non troppo. Ora pensiamo al Brondby, perché gli scandinavi hanno la battaglia nel sangue».

Quanto la Juve può aiutare il calcio femminile a esplodere? «Tanto, sta già facendo crescere il sistema. Non è una coincidenza se Milan, Roma, Inter sanno che è giusto investire sulle donne: ora è tutto più eccitante. Siamo nella giusta direzione perché il calcio femminile italiano diventi professionista».

E ai misogini cosa risponde? «Sono una minoranza, pensano che le donne dovrebbero stare in cucina. Il miglior modo per farci pubblicità è fare grandi prestazioni. Non si può cambiare la mentalità chiusa di certe persone, ma la prospettiva generale sì: se le donne resistono e dimostrano la loro forza, il mondo cambia».

La controversia con la Federazione le ha cambiato la vita: quanto ha scosso le coscienze? «E’ stato un periodo difficile, ma a volte bisogna sacrificare ciò che si vuole per ciò in cui si crede. Ora nella nazionale chi ha un problema non ha più paura di parlare. Questo mi fa dormire bene la notte: ho perso molto, da due anni non gioco in nazionale, ma ho fatto la scelta giusta. Ora sta a me convincere il nuovo c.t. Phil Neville a convocarmi».

Lei, figlia di migranti, come vive questo tempo di porti e frontiere chiuse, di paura diffusa? «Non è solo un’atmosfera italiana, è tutto il mondo che va così: pensate a Trump, alla Brexit. La soluzione è mostrare la parte migliore di noi stessi e allora chi ha pregiudizi penserà: “Non è male quest’uomo, anche se ha un altro colore della pelle”. Prima di arrivare qui, tutti mi dicevano: “Attenta, in Italia non ci sono molti neri…”. E quindi? Che problema sarà mai?».

Sente anche lei nell’aria bianconera qualcosa di speciale? È l’effetto Cristiano… «Purtroppo non l’ho ancora conosciuto, ma il fatto che sia venuto qua, nel mio stesso anno, è incredibile. Dimostra la statura di questo club. Cristiano è il più grande, ma io apprezzo i piccoletti come me: mi paragonano a Rooney, però amo anche Aguero e Dybala».

Veniamo alle altre due passioni: la legge e il giornalismo. «Ho preso la qualifica di avvocato cinque anni fa, per il momento lavoro più come consulente per uno studio londinese. La professione mi aiuta in campo, a essere più analitica, e fuori a rappresentare la squadra. Sul Guardian non scrivo io perché c’è un ghost-writer, ma sento di avere molto da dire».

Fonte: gasport

 

 

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