Il Mattino – C. Romano: “Jorginho è il mio erede. Ventura? Lasciamo perdere”

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Il Mattino – C. Romano: “Jorginho è il mio erede. Ventura? Lasciamo perdere”

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Jorginho, Nizza-Napoli-37Era di ottobre anche quella volta. Settima giornata di campionato, sabato invece sarà l’ottava. Un concentrato di emozioni e di tensioni scandirono i sei giorni di vigilia di Roma-Napoli, stiamo parlando della magica stagione 86-87 che avrebbe portato al primo tricolore della storia. La novità della settimana fu l’arrivo di Ciccio Romano, pescato dalla Triestina intervistato da il Mattino. «Il Napoli cercava uno che mettesse ordine a centrocampo, scelse me durante il mercato di ottobre, arrivai in un momento non tranquillissimo», ricorda l’ex regista, che oggi fa il procuratore sportivo. Era ancora recente e dolorosa l’eliminazione dalla coppa Uefa per mano del Tolosa, l’Atalanta aveva imposto il pareggio al San Paolo e bloccato la prima fuga scudetto: prima della trasferta di Roma, arrivò dalla serie B il regista tutto fosforo e riccioli. «Sapevo di giocarmi la carriera, quella partita per me aveva un valore triplo. Dovevo dimostrare di essere da Napoli, essere accettato dai compagni di squadra e provare a vincere il campionato».

Le cose filarono per il verso giusto, meglio non sarebbero potuto andare. «Quando misi piedi nello spogliatoio i ragazzi mi dissero che si doveva puntare allo scudetto. Però bisognava fare il colpaccio a Roma per mettere a tacere le polemiche e spaventare la concorrenza».

Finì 1-0 per il Napoli, gol di Maradona che festeggiava le cento presenze con la maglia azzurra, Romano migliore in campo. «Il martedì l’allenatore Bianchi organizzò una partitina a Soccavo per inserirmi subito nei meccanismi del gruppo. Diego seguì l’allenamento dalla panchina, lo vidi subito entusiasta. A Roma un po’ mi tremavano le gambe, Bianchi mi disse: non strafare, gioca come sai e fai le cose semplici».

Fu quella la svolta? «Si, avemmo la conferma due settimane più tardi. Dopo la sfida contro i giallorossi, facemmo prima 0-0 al San Paolo con l’Inter, poi andammo a scrivere la storia in casa della Juventus».

Vincendo a Roma, la squadra acquisì forza e consapevolezza. Soprattutto s’impadronì della vetta della classifica che non lasciò più. «Ripeto, pensavamo di poter competere per il tricolore ma immaginavamo un testa a testa con la Juventus. Invece le rivali cambiavano periodicamente, prima la Roma, poi la Juventus, infine l’Inter».

Trent’anni dopo, stesso scherzo del calendario. Roma fuori, Inter al San Paolo e più in là si andrà a far visita alla Juventus. «Una bella suggestione, a volte la storia si ripete. Alla fine di quel trittico noi capimmo di potercela fare, spero che sia così anche adesso. Portare via un risultato positivo da Roma sarebbe un gran bel segnale».

Non sarà facile e comunque non sarà una gara uguale a tutte le altre. «Sarri è apprezzato in tutta Europa per la qualità che ha trasmesso al Napoli, Di Francesco fa giocare bene le proprie squadre, lo faceva con il Sassuolo, si sta ripetendo a Roma dove può contare su una maggiore qualità. Entrambi impostano le gare per vincere, sabato ci faranno divertire».

Jorginho è il Romano di ieri? «Direi di sì, il paragone ci sta tutto. Più o meno il ruolo è quello, playmaker davanti alla difesa. Io di solito mi facevo dare la palla da Renica, che era la nostra prima fonte di ispirazione. Come oggi lo sono Albiol e Koulibaly per Jorginho».

Stesso centrocampo a tre. «È vero, ai miei due lati giravano De Napoli e Bagni. Nando aveva caratteristiche più di copertura, quindi facilmente accostabile ad Allan. Bagni andava avanti e segnava, quello che fa Hamsik».

Trova strano che il ct Ventura sostenga di poter fare a meno di un regista? «Lasciamo perdere».

La Redazione

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