CdS – Febbrari (prep. atl): “Servono 72 ore per recuperare da un impegno, il momento delicato per gli azzurri sarà tra Juve e Real”

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Luigi Febbrari, 65 anni, ex preparatore di Napoli, Roma e Lazio lo dice chiaramente: le cose semplici sono spesso le migliori. Per cui, visto il ciclo tremendo che il Napoli affronterà da oggi con l’Atalanta a martedì 7 marzo con il Real, sarà cruciale la notte. Il sonno. «Sì, è la base della rigenerazione. Ma nel calcio, a volte, è un problema: in tanti dormono poco e male prima dei grandi impegni». Il professor Luigi Febbrari detto Gigi, ha scalato la vetta in 33 anni dai dilettanti alla Champions ed è costantemente aggiornato. Eppure, i suoi principi cardine sono quelli di sempre: «Sonno, riposo e alimentazione, c’è ben poco da inventare: a questi livelli i calciatori sono come i bolidi di Formula 1 e la cura personale non può essere trascurata». Quattro avversari dieci giorni per il Napoli: «Dal punto di vista del recupero, però, i giorni diventano nove». Uno stress notevole. Qual è il segreto per giocarne quattro di fila? «Sia chiaro, non è possibile generalizzare e ogni atleta fa storia a sé, però parto dall’aspetto più semplice del mondo: il sonno. Le ore di sonno, almeno otto, sono fondamentali per la rigenerazione: la partita è un trauma, distrugge i meccanismi metabolici e biomeccanici e bisogna rigenerarli». In più: «Importantissimi sono anche il riposo attivo dopo lo sforzo, magari con l’ausilio della crioterapia, il nuoto e un osteopata, e l’alimentazione. E qui si entra nella competenza medica: si ricorre a integratori, alimenti e interventi di ogni tipo dopo le partite e gli allenamenti, ma sotto questo aspetto il Napoli è molto all’avanguardia». A curare la dieta degli azzurri è il dottor Canonico: «Sì, ma è l’intero staff coordinato dal dottor De Nicola a essere eccezionale: sia nella prevenzione e nella cura degli infortuni, sia in questi ambiti». Febbrari cita due metodi per la gestione degli uomini: «Uno che definirei empirico, basato sul confronto tra tecnico e staff e poi tra loro e i singoli giocatori. Qualcuno ricorre anche allo psicologo. L’altro, invece, lo chiamerei magistrale: test ematici e cardiaci per valutare la fatica. In media, comunque, servono 72 ore per recuperare tra un impegno e l’altro, ma in genere i problemi non arrivano tra il primo e il secondo: nel caso del Napoli, dunque, il momento clou sarà dalla Juve al Real». Al resto, poi, pensa l’allenatore: «Il turnover è un’altra soluzione ovvia e decisiva, certo, ma è impensabile cambiare tutti: e quindi serve il tocco del Picasso. Il colpo di genio che rende il calcio una scienza non esatta: ogni tecnico segue l’istinto e opera scelte, ma senza dubbio è fondamentale avere un rapporto franco e di estrema fiducia con gli staff e i giocatori». Nel Napoli esistono tre casi limite: Callejon, Hamsik e Insigne. Immuni al turnover. «Evidentemente hanno bioritmi straordinari. Marek l’ho allenato ed è una macchina quasi inesauribile. Come Maggio. Nella Roma, ricordo su tutti Nainggolan e Strootman, mentre nell’Atalanta ci sono Kurtic e Freuler».

 

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