Napoli-Genoa è la sua partita. Nato ad Avellino, tifoso del Napoli e per 18 anni presidente del Genoa. La vita di Enrico Preziosi (intervista de Il Mattino) è stata un rimbalzo di pallone continuo, tra gioie e dolori, soddisfazioni e amarezze. «Qualche volta mi sono divertito e qualche volta mi sono arrabbiato». Oggi si è ritirato dal calcio ma continua a essere spettatore molto interessato alle vicende della serie A e in particolare a quelle del Napoli, del quale può essere liberamente tifoso, dato che non ha impegni con altri club.
Quindi è in apprensione per la lotta scudetto?
«Ma no. Il Napoli ha già vinto lo scudetto».

«Sono così sicuro perché l’Inter è molto con la testa sulla finale di Champions e il campionato andrà in secondo piano. Il discorso dello scudetto è archiviato oramai. Il Napoli ha tre punti di vantaggio e tre partite abbordabilissime mentre l’Inter deve pensare alla finale di Champions: ecco perché non credo possa recuperare lo svantaggio. Anche lo stato fisico dell’Inter non mi fa pensare a una rimonta: sono usciti stremati dalla gara contro il Barcellona».
E il Napoli?
«Non molla niente e non ha altre distrazioni. Non c’è pericolo per il Napoli in questo finale di stagione: per quanto l’Inter sia una grandissima squadra, ha avuto impegni assai complicati».
«Non molla niente e non ha altre distrazioni. Non c’è pericolo per il Napoli in questo finale di stagione: per quanto l’Inter sia una grandissima squadra, ha avuto impegni assai complicati».
La prima delle prossime tre partite sarà contro il Genoa…
«Ho visto Genoa-Milan: i rossoblù sono stati molto sfortunati prendendo gol, dopo aver dominato la partita, in due episodi. Nonostante venga da tre sconfitte, il Genoa di Vieira ha un gioco consolidato e non ha pressioni. È una squadra difficile da affrontare ed è una partita difficile da prevedere, come accade per tante squadre che non hanno nulla da chiedere al campionato ma poi sono capaci di sorprendere».
«Ho visto Genoa-Milan: i rossoblù sono stati molto sfortunati prendendo gol, dopo aver dominato la partita, in due episodi. Nonostante venga da tre sconfitte, il Genoa di Vieira ha un gioco consolidato e non ha pressioni. È una squadra difficile da affrontare ed è una partita difficile da prevedere, come accade per tante squadre che non hanno nulla da chiedere al campionato ma poi sono capaci di sorprendere».
Ma da presidente ha mai pensato a prendere Conte come allenatore?
«In realtà no. E lui, che è un amico, me lo rinfaccia sempre, ogni volta che ci vediamo. “Pres, non mi hai mai voluto”, mi dice scherzando. È una battuta alla quale oramai mi sono abituato. In realtà ne parlai con suo fratello, che ai tempi era suo agente, ma non si crearono mai le circostanze».
«In realtà no. E lui, che è un amico, me lo rinfaccia sempre, ogni volta che ci vediamo. “Pres, non mi hai mai voluto”, mi dice scherzando. È una battuta alla quale oramai mi sono abituato. In realtà ne parlai con suo fratello, che ai tempi era suo agente, ma non si crearono mai le circostanze».
Sareste stati una coppia allenatore-presidente con caratteri forti.
«Conte è un bel tipo: un duro e un vincente. Sta facendo un lavoro straordinario e per questo non credo ci siano pericoli per il Napoli. Conte fa la differenza: non si accontenta mai di nulla».
«Conte è un bel tipo: un duro e un vincente. Sta facendo un lavoro straordinario e per questo non credo ci siano pericoli per il Napoli. Conte fa la differenza: non si accontenta mai di nulla».
Dall’allenatore al presidente: quanto è difficile fare affari con De Laurentiis?
«Talmente tanto che ne ho fatti pochi. Praticamente solo Pavoletti per sbaglio».
«Talmente tanto che ne ho fatti pochi. Praticamente solo Pavoletti per sbaglio».

«Non abbiamo ottimi rapporti, ecco. Lui ha un suo modo di fare che non sempre coincide con il mio o quello di altre persone, ma alla fine ha ragione lui visiti i risultati. A volte mi ha chiamato per fare affari ma non abbiamo mai concluso. Non ci stiamo molto simpatici. Quest’anno ha fatto bene a lasciare tutto in mano a Conte, che non è solo un allenatore ma un manager che sta conducendo il Napoli benissimo. Nessuno si aspettava si potesse arrivare a lottare per uno scudetto quest’anno. Vanno fatti complimenti a tutto il Napoli per questo, proprio a partire dal presidente».
Ma lei è stato anche molto vicino all’acquisto del Napoli.
«Ancor prima dell’arrivo di De Laurentiis. Erano i tempi di Naldi e avevamo già concluso l’affare».
«Ancor prima dell’arrivo di De Laurentiis. Erano i tempi di Naldi e avevamo già concluso l’affare».
E poi?
«Alla fine fu lui a non volere cedere perché si era innamorato del progetto. Finimmo un consiglio di amministrazione addirittura alle due di notte e sembrava tutto fatto. Ma poi Naldi mi ha spiazzò. L’ho portato anche in Sardegna sette giorni per convincerlo e mi sembrava fatta, ma la proposta economica finale non mi sembrava adeguata».
«Alla fine fu lui a non volere cedere perché si era innamorato del progetto. Finimmo un consiglio di amministrazione addirittura alle due di notte e sembrava tutto fatto. Ma poi Naldi mi ha spiazzò. L’ho portato anche in Sardegna sette giorni per convincerlo e mi sembrava fatta, ma la proposta economica finale non mi sembrava adeguata».
E lei?
«A me sarebbe piaciuto eccome diventare presidente del Napoli. Andavo allo stadio quando avevo 10 anni per vedere gli azzurri che sono sempre stati nel mio cuore. Oggi bisogna riconoscere che De Laurentiis, nonostante la sua ritrosia per alcune cose e il modello comportamentale che può irritare, sta avendo ragione grazie ai risultati. Ed è quello che resta. Vincere due scudetti in tre anni in una piazza che non vinceva da 33 non sarebbe cosa da poco. Si può dire tanto, ma ho grande rispetto per l’imprenditore che è. Anche se quando passo per le strade di Napoli c’è ancora qualcuno che mi chiede di comprare il club da lui: io sorrido e vado avanti».
«A me sarebbe piaciuto eccome diventare presidente del Napoli. Andavo allo stadio quando avevo 10 anni per vedere gli azzurri che sono sempre stati nel mio cuore. Oggi bisogna riconoscere che De Laurentiis, nonostante la sua ritrosia per alcune cose e il modello comportamentale che può irritare, sta avendo ragione grazie ai risultati. Ed è quello che resta. Vincere due scudetti in tre anni in una piazza che non vinceva da 33 non sarebbe cosa da poco. Si può dire tanto, ma ho grande rispetto per l’imprenditore che è. Anche se quando passo per le strade di Napoli c’è ancora qualcuno che mi chiede di comprare il club da lui: io sorrido e vado avanti».
Ma le manca un po’ il calcio?
«Il calcio mi ha dato solo problemi. Perché siamo un popolo di tifosi e non di sportivi. Si guarda sempre e solo il risultato finale in campo. Ho tenuto 15 anni in serie A il Genoa, cosa che non è riuscita a nessuno per più di 6 anni e questo nonostante le difficoltà e i problemi. Se dovessi tornare indietro non ci entrerei più in quel mondo visto quello che mi ha lasciato: solo scorie. Non mi manca ma lo seguo con passione. Seguo il Genoa perché 20 anni non si possono buttare via e il Napoli perché sono tifoso».
«Il calcio mi ha dato solo problemi. Perché siamo un popolo di tifosi e non di sportivi. Si guarda sempre e solo il risultato finale in campo. Ho tenuto 15 anni in serie A il Genoa, cosa che non è riuscita a nessuno per più di 6 anni e questo nonostante le difficoltà e i problemi. Se dovessi tornare indietro non ci entrerei più in quel mondo visto quello che mi ha lasciato: solo scorie. Non mi manca ma lo seguo con passione. Seguo il Genoa perché 20 anni non si possono buttare via e il Napoli perché sono tifoso».

«Quella della promozione in serie A, certo. Indimenticabile perché fu un’emozione bellissima. Sulla panchina del Napoli c’era Reja. Me la ricordo benissimo. Lo 0-0 premiava sicuramente il Napoli mentre noi dipendevamo dal risultato del Piacenza. Al fischio finale ci fu una festa bellissima che per me fu festa doppia. Quando giocava il Napoli a Genova per me era il nemico numero uno e dovevo batterlo».
Quell’anno ci fu la promozione diretta di tre squadre senza playoff.
«La legge che portò a quella riforma del regolamento fu mia. Quando ero a Como persi una promozione con la Pistoiese nonostante fossimo avanti di 15 punti in classifica. E così proposi di introdurre questa nuova regola che poi è rimasta. Non era giusto. Il campionato va visto nell’arco di un anno e per me quell’anno fu un doppio successo».
«La legge che portò a quella riforma del regolamento fu mia. Quando ero a Como persi una promozione con la Pistoiese nonostante fossimo avanti di 15 punti in classifica. E così proposi di introdurre questa nuova regola che poi è rimasta. Non era giusto. Il campionato va visto nell’arco di un anno e per me quell’anno fu un doppio successo».
Le piace il calcio italiano di oggi?
«Non saprei, ma prevedo un fuggi fuggi dal calcio italiano da parte delle proprietà straniere. Perché non c’è intrattenimento che invece è quello che funziona negli Stati Uniti. Sarà difficile guadagnare nel mondo del calcio: ci sono pochi ritorni e tanti investimenti. I presidenti americani non fanno i presidenti, delegano ad amministratori o a figure più avvezze ai numeri che alla passione. Il mio era il calcio dei Sensi, Berlusconi, Moratti, Cecchi Gori e sapevamo che non avremmo guadagnato un centesimo con il calcio ma volevamo dare alla città quello che ci era possibile. Mentre gli stranieri investono su un progetto che possa dare dei ritorni».
«Non saprei, ma prevedo un fuggi fuggi dal calcio italiano da parte delle proprietà straniere. Perché non c’è intrattenimento che invece è quello che funziona negli Stati Uniti. Sarà difficile guadagnare nel mondo del calcio: ci sono pochi ritorni e tanti investimenti. I presidenti americani non fanno i presidenti, delegano ad amministratori o a figure più avvezze ai numeri che alla passione. Il mio era il calcio dei Sensi, Berlusconi, Moratti, Cecchi Gori e sapevamo che non avremmo guadagnato un centesimo con il calcio ma volevamo dare alla città quello che ci era possibile. Mentre gli stranieri investono su un progetto che possa dare dei ritorni».