A gennaio 2024 lo voleva ADL: «Lo Shakhtar rifiutò ma credo che la Serie A sia ancora perfetta per me Vorrei mettermi alla prova in Italia tra tanti campioni»
«Con mia moglie e la nostra bimba fuggiamo al riparo nei bunker…» «In Ucraina ormai siamo a tre anni di guerra: il mondo s’è quasi abituato»
Avere poco più di 20 anni e diventare famoso per come giochi a calcio ma anche perché la foto della tua compagna incinta chiusa in un bunker durante una guerra fa il giro del mondo. La storia di Giorgi Sudakov non ha a che fare solo con il calcio: c’è l’aspetto tecnico, visto che è una delle stelle del pallone ucraino; c’è il mercato perché su di lui c’erano Juventus e soprattutto Napoli; e poi c’è la vita, la guerra, la figlia di due anni a cui spiegare, un giorno, che cosa fossero davvero quei rumori che da piccola le facevano così paura. Sono trascorsi tre anni e un giorno dall’inizio del conflitto tra Ucraina e Russia: la vita di Giorgi Sudakov è cambiata per sempre.
Partiamo dal calcio: le piacerebbe giocare in Italia?«Sì, è un paese con una grande storia calcistica, un calcio tattico e tifosi appassionati. Per un centrocampista con le mie qualità la Serie A potrebbe essere il campionato perfetto per crescere. Ci giocano molti centrocampisti di alto livello, gli allenatori sono grandi tattici e il calcio è molto intenso. Inoltre, molti giocatori ucraini hanno già lasciato il segno in Italia».
E allora perché ha detto di no a Juve e Milan?«Innanzitutto ci sono state offerte dalla Juventus e dal Napoli. In secondo luogo: non ho mai detto di no. Vorrei mettermi alla prova nel campionato italiano, soprattutto in squadre così piene di stelle, ma la decisione finale spetta ai dirigenti e al presidente del mio club».
Cosa è successo con il Napoli? «Il Napoli ha fatto un’offerta, ma lo Shakhtar ha deciso che sarei dovuto restare con la squadra».
E adesso? «Vedremo, come ho detto la Serie A sarebbe perfetta per crescere».
Lei, a proposito di allenatori italiani, ha lavorato con De Zerbi.«Sì, è un allenatore incredibile, la sua passione per il calcio è impressionante. In soli sei mesi con lui sono cresciuto come calciatore e ho imparato molto. Mi piacerebbe lavorare di nuovo insieme».
Il suo idolo? «Cristiano Ronaldo e Luka Modric».
Riesce ancora a concentrarsi sul calcio con tutto quello che sta succedendo? «È difficile ma importante rimanere concentrati sul calcio, non è solo il mio lavoro ma anche un modo per sostenere il mio Paese, ispirare le persone e dare loro emozioni che ora scarseggiano».
Cosa può o potrebbe fare di più lo sport per la guerra? «Più di quanto sembri a prima vista. Non si tratta solo del gioco sul campo, ma anche di resilienza, identità nazionale, supporto e attenzione globale».
La foto nel bunker con sua moglie incinta ha fatto il giro del mondo: andare nei rifugi è ancora la norma oggi? «Naturalmente, quasi ogni giorno ci sono allarmi antiaerei in tutto il paese e le persone devono nascondersi lì».
Ha parlato prima di giocatori ucraini in Italia: i suoi rapporti con Dovbyk e Shevchenko? «Ho un buon rapporto con Sheva, parliamo quando ci incontriamo in nazionale e lo stesso con Artem. Lo seguo e sono contento che stia facendo bene a Roma».
Pensa che una parte di mondo stia sottovalutando la guerra in Ucraina? Come se fosse diventata “normale”? «Sì, in un certo senso il mondo sottovaluta la guerra in Ucraina. È in corso da tre anni ormai e, sebbene all’inizio il sostegno fosse molto attivo, molti paesi stanno perdendo la concentrazione, abituandosi alle notizie sulla guerra o dando priorità ai loro problemi interni. L’Ucraina sta attualmente trattenendo un aggressore che minaccia non solo lei, ma l’intero mondo».
Cos’è la guerra per un ragazzo della sua età? «A 20 anni la guerra ti toglie la spensieratezza della giovinezza, ma indurisce il carattere. Cambia le priorità ma non ti spezza. Ti fa capire che ognuno può fare più di quanto pensi. Il calcio, che era lo scopo principale della vita, diventa non solo un gioco ma un simbolo di forza, fede e speranza. Quando scendi in campo non lo fai solo per le vittorie sportive ma per il paese, per coloro che lo difendono in prima linea».
Lei di dove è originario? «Sono nato nella regione di Luhansk, nella città di Bryanka, che è attualmente territorio occupato. Ora vivo a Kiev con la mia famiglia».
Come spiega la guerra a sua figlia? O è ancora troppo piccola per capirla?«Forse è ancora troppo piccina per capire appieno cosa sia la guerra, ma sa che quando suona un allarme deve nascondersi. Si spaventa molto perché ha sentito esplosioni tante volte. Ha un’ottima memoria e spesso ricorda come dormivamo in bagno o andavamo nel rifugio antiaereo durante i bombardamenti».
Ha amici che stanno combattendo? «No».
Giorgi, ma è vero che lei non ride mai?«Non direi. Amo le battute e l’umorismo, quindi sorrido e rido anche spesso».
Fonte: CdS