Napoli non ci sta: i sette torti subiti. L’ultimo errore con Marciniak tradito dal Var

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L e guardano, le rivedono e non c’è verso di farsene una ragione: perché poi, a pensarci bene, il Var cos’è, se non un televisore che sfruttando la tecnologia e tutte le riprese a disposizione può aiutarti ad infilare l’occhio tra il piede destro di Leao e il sinistro di Lozano? Lo schermo piatto sta lì e pure le immagini sono le stesse, ma poi la memoria è una carogna che ti smonta e ti rimonta ogni dettaglio di questi centottanta minuti giocati in sei giorni e vissuti come un tormento con il quale Spalletti è costretto a convivere, dal quale il Napoli non sa come staccarsi. Non sono alibi di circostanza, in video veritas, mettendoci assieme un bel po’ di casi (assai) sospetti e restando disorientati (?) mentre Leao porta via il piedino ed il pallone a Lozano. «C’è rigore netto. Non si parla di contatto ma è un impatto, perché gli ha stravolto la caviglia. Marciniak era il numero uno del calcio, l’hanno rivisto al VAR….Per cui un po’ il passato in Champions conta».

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IL PESO. La rabbia va rinchiusa nelle pareti di Castel Volturno, lasciando che evapori in fretta, però ci sono almeno sette episodi – dentro quelle tre ore che appartengono al passato – a cui è complicato ripensare, senza ritrovarsi travolto da strani e persino un po’ audaci osservazioni che nascono dall’anima. Quel che succede tra Leao e Lozano è l’ultimo frame di una settimana rovente, sfugge a Marciniak – e può succedere! – ma colpevolmente viene ignorato da Kwiatkowski e da Frankowski, la coppia polacca che sta nella “sala comandi” e che lascia proseguire Napoli-Milan come se niente fosse accaduto. E però, standosene accomodato in poltrona, mentre la testa gironzola tra ogni sfumatura (?) che ha contibuito in qualche modo a deciderla, l’ira che va ingrossandosi riconduce al Meazza, a quelle decisioni di Kovacs che orientano il ritorno, lo privano di Anguissa e Kim, rappresentano un’iniqua interpretazione del regolamento, appallottolato quando Leao rifila un calcio alla bandierina, la spezza e se ne va via come se avesse fatto semplicemente una marachella a scuola.
I FALLI. Da Kovacs a Marciniak (o a Kwiatkowski e a Frankowski) c’è un campionario vasto e vario che alimenta retropensieri emersi a caldo, mentre il vapore delle docce non aveva portato via nulla, neanche una traccia di quel veleno accumulato tra mercoledi 12 e martedi 18 aprile, i giorni della merla calcistica, perché il freddo è nella pelle di Spalletti: «Un po’ il passato in Champions conta…». È tutto iniziato a Milano, eh sì, al minuto 25, quando Leao viene graziato di un giallo che nulla cambia e che però può incidere, perché in partite del genere sono i dettagli che fanno la differenza. Ma il Napoli ha una serie di episodi che lo disturbano, e parecchio, e gli effetti delle scelte di Kovacs hanno poi avuto un peso: c’è un’ammonizione invocata per Krunic (33′) in diffida che rimane nel taschino del rumeno; c’è Bennacer che si salva dopo che invece Zielinski è stato punito per qualcosa che gli somigli, un’entrata fisica, non dura, non morbida, comunque analoghe; c’è un contatto tra Tonali e Kvaratskhelia proprio prima che Anguissa veda il suo primo cartellino, ovviamente decisivo per fare scattare poi il rosso con il secondo; e c’è infine Kim che non fa in tempo a prendersela con se stesso e si ritrova eliminato dal ritorno, essendo in diffida.
LEAO. All’unanimità è complicato approdare però il Napoli ha scoperto che sull’intervento di Leao mentre Lozano sta calciando c’è una totale convergenza di opinioni tra moviolisti o ex arbitri che comunque non serve a niente, se non ad appesantire ulteriormente l’umore, a gonfiarsi ulteriormente di amarezza, a deambulare in quel vuoto nel quale si ritrova, perché poi potevano essere altre partite, semmai con lo stesso epilogo, ma prive di umane riflessioni sulle decisioni degli arbitri e dei loro collaboratori tecnologici, il vento dell’Est che ha spostato qualcosa, piccola o enorme chissà e che senso ha dirselo ora. Però, basterebbe dare un’occhiata al Var e una al regolamento per farsene un’idea o per calarsi dentro una nube tossica.
Fonte: CdS
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