Spalletti in conferenza: “Per completare con il Napoli tutte le mie “cose” sono disposto a tutto”

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A un certo punto, mentre le lancette dell’orologio si sono messe a correre velocemente, e per qualcuno invece sembra si siano fermate, Luciano Spalletti s’è fermato a guardare il mare ed ha deciso che bisogna fare in fretta.

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«Io non ho molto tempo, devo dar valore alle cose che mi vengono incontro. E per completarle con il Napoli, sono disposto a tutto».

A 64 anni, con un futuro che s’avverte pure dietro le sue spalle, quell’uomo solo al comando, che sta per andarsene in giro a Torino con diecimila tifosi, ha scelto d’evitare giri oziosi ed ha preferito «avventurarsi» in quelli panoramici: il suo tour dell’anima, il percorso esistenziale che l’ha trascinato nelle bellezze più abbagliati, stavolta l’ha sistemato dinnanzi a quel mare di Napoli ch’è un inno alla felicità e però evitando di perdersi nella auto-celebrazione, e adagiandosi comodamente nella prudenza, quell’onda anomala che lui stesso ha alimentato lo culla dolcemente. «Io devo fare qualcosa che mi dia soddisfazione e pienezza; noi verremo giudicati per la serietà e per la professionalità mostrati».

CONSAPEVOLEZZA. Questa non è una domenica come le altre, eh sì, pur in nella normalità scatenata da una squadra mostruosa, capace di anestetizzare il suo universo; e quel vantaggio così gigantesco dalla seconda, la consapevolezza di avere ormai le mani sullo scudetto ma pure la felicità di potersi accomodare al G8, restano dettagli marginali del vissuto di Spalletti:

«Io non penso che questa sia una annata irripetibile, mi piace credere che lo sia la prossima, qualsiasi cosa accada adesso».

Non ci sono lusinghe che tengano, né opinioni che non finiscano per scivolare nell’artimetica: e però, lo dice la Storia, quando Torino-Napoli finirà, il cammino verso la gloria finirà per essere più breve, a prescindere da quel macrocosmo che si perde negli abissi. «Non ci si deve fermare mai. Affrontiamo un’avversaria della quale parlo con piacere, per il rispetto che devo e riconosco a Juric. Il Toro è complicato, asfissiante, fisico; sta disputando un grande campionato. E noi i conti li facciamo alla fine».

Li farà con quella squadra che gli appartiene per intero, nell’incanto di capolavori come quello di Kvaratskhelia con l’Atalanta che sta ancora lì, a scuoterlo. «Quando ha fatto quel dribbling lì, mentre calciava, aveva quella vena sul collo che al suo arrivo qua a Napoli non gli avevo visto. Così mi garba di più».

GIOIA E DOLORE. Non ci sarà mai il rischio di smarrirsi in un euforia smodata, non adesso, né di specchiarsi in sorrisi posticci e vagamente allusivi: Torino-Napoli sta arrivando, eccola qua, e porta con sé quella scia di leggerezza che ha lasciato la vittoria sull’Eintracht e il quarto di finale in Champions che vale (già) la Storia, ma tra i pensieri spettinati di un uomo tormentato da quel senso di civiltà perduta, per il momento c’è ben altro:

«A 64 anni non si sa per quante stagioni si resterà ancora in panchina: questo lo vedremo. Non so cosa mi riserverà la mia prossima vita e comunque si può sempre essere migliori di quelli che si è stati. Però se penso all’impegno della squadra, in questa mia dimensione vorrei viverla in eterno. E se, invece, penso a quello che è successo in città, mercoledì, vorrei non partecipare a questo tipo di situazioni. E’ una cosa che mi disturba, un movimento del quale non vorrei farne parte». Ma domani e poi chissà quando, lo deciderà il destino o forse semplicemente il Napoli, verranno giorni nuovi, dimenticati…

Fonte: CdS

 

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