Spalletti in conferenza: “Contro l’Atalanta avremo gli occhi puntati sulle stelle”

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Proprio mentre pareva che non ci fosse più un orizzonte, né languidi messaggi da lanciare al vento, Luciano Spalletti è uscito dalla propria comfort zone, ha attivato la dialettica del sognatore che in qualche angolo si nasconde (pure) in lui, e ha tranciato di netto ogni resistenza con se stesso, con l’aritmetica e pure con le opinioni, con i luoghi comuni e l’ottimismo un po’ irritante. E quindi l’ha detto, una frase tenera, un messaggio subliminale, l’indirizzo del futuro: «Avremo gli occhi puntati sulle stelle». E come se fosse in una canzone di De Gregori («…e oltre l’azzurro della tenda nell’azzurro io volerò…»), pur lasciandosi alle spalle i suoi sessantacinque punti e fingendo di ignorare quelli che dovrà afferrare poi, ha ricominciato a rifugiarsi nelle proprie, umanissime certezze, in quel calcio che non consente di divagare, né di distrarsi, peggio ancora di smarrire quel senso di praticità che non può macchiare la Storia: «Il momento in cui sarà possibile avere le mani sullo scudetto arriverà quando non ci sarà un’altra squadra in condizione di raggiungerci». 

 

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PRUDENZA. Conto alla rovescia, ma chi se ne importa, se in quella Napoli gonfia di comprensibile felicità, che viene rigorosamente soffocata, sta per avvicinarsi l’Atalanta: degli amici, l’ha ricordato Sarri, conviene diffidare, e Gian Piero Gasperini, con il quale Spalletti condivide stima e sentimenti inattaccabili, sta lì, con quel suo calcio abbagliante, tutto pressing e forcing e palleggio nelle ampiezze, che spinge ad evitare leggerezze. «Affrontiamo una grande squadra con un grandissimo allenatore, perché Gasperini porta a casa un fatturato calcistico importante. Noi non dobbiamo reagire, non abbiamo sbagliato la partita con la Lazio, ma è chiaro che dovremmo fare meglio certe cose, dare ritmo e vincerla, per sentirci fieri del nostro modo di fare». 

TESTA IN ALTO. La Lazio è un neo impercettibile del passato e indietro non si torna, né si guarda: però oltre Napoli-Atalanta e vietato allungarsi con lo sguardo, ci sarà modo per pensare all’Eintracht e alla Champions, quella è un’altra questione, mentre adesso c’è da infilarsi completamente in novanta minuti senza macchia, ovviamente senza paura. «E con la mentalità giusta, quella che abbiamo mostrato anche nella sconfitta di venerdì scorso. È stata un caso, forse l’ha decisa un episodio, come a volte è capitato a noi, ma io la partita l’ho rivista e poi l’ho analizzata. Non ci sono appunti da muovere ai ragazzi. Né, sono certo, ce ne saranno: questa squadra non ha bisogno di particolari motivazioni da parte mia, è consapevole del prestigio di questa maglia e di questa città. Se uno pensa a questi aspetti, non ha bisogno di altro».  

APPLAUSI, KVARA. Non è tempo di bilanci, anche se hai appena compiuto 64 anni, ed è chiaro il motivo («si fanno a giugno, non ora»); semmai si applaude la profondità – mica solo tecnica – di Kvaratskhelia, sceso in campo per la sua Georgia («va applaudito, la sua virtuale discesa in campo è la testimonianza che abbiamo un grandissimo calciatore e un grandissimo uomo»); e infine si traccia il percorso: «Andiamo a giocare: piedi ben piantati a terra, occhi puntati sulle stelle». La strada per la Via Lattea è già segnata.

 

Fonte: CdS

 

 

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