Né il napoletano Verde né il presidente americano hanno preso posizione sui fattacci della curva spezina

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Domenica scorsa allo stadio Picco di La Spezia e stata vissuta una delle più amare giornate del calcio con quelle vergognose offese a Maradona, scomparso poco più di due anni fa, a Spalletti, peraltro ex calciatore spezzino, e alla città di Napoli. Temiamo che vivremo altre simili giornate, soprattutto adesso che il Napoli si avvicina al terzo scudetto: crescerà l’antipatia verso la squadra e in taluni casi si trasformerà in odio. È evidente che lo Spezia e i suoi calciatori poco potevano durante la partita. Sarebbe stato, invece, opportuno l’intervento dell’arbitro Di Bello e del funzionario addetto all’ordine pubblico con una sospensione almeno temporanea della gara. Sorprende, però, che sui social – dove si legge di tutto – non vi siano state, almeno finora, le reazioni dei dirigenti dello Spezia e del capitano della squadra. Ci sorprendiamo perché Daniele Verde è napoletano del Rione Traiano. È un ragazzo che a 14 anni è entrato nel settore giovanile della Roma e ha lottato per difendere il posto in serie A. Ecco, dopo aver sentito quelle offese al suo mito Maradona e alla sua città perché non ha preso la parola? Perché non ha lanciato un segnale chiaro a quei tifosi che sicuramente conosce bene? E il presidente dello Spezia? L’americano Philip Platek, in un’intervista pubblicata pochi mesi fa sul Corriere della Sera, aveva dichiarato che il suo sogno era uno stadio aperto alle famiglie, accogliente sotto tutti i punti di vista. Se possiamo dargli un consiglio, prima di pensare agli interventi infrastrutturali faccia un’opera di pulizia all’interno di quei gruppi della tifoseria dai quali domenica scorsa si sono alzati quei vergognosi cori anzitutto nei confronti di un morto. Il problema dello stadio Picco non è certamente quello delle misure ridotte del campo. F. De Luca (Il Mattino)

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