Fabio Cannavaro: “La sosta non spiazzerà Spalletti. Il Benevento? Due fattori mi hanno convinto a dire di sì”

Il tecnico del Benevento, parla delle dimissioni post Como

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Il tecnico  del Benevento Fabio Cannavaro 49 anni, è uno dei 4 campioni del mondo del 2006 che allenano in B con Inzaghi Grosso e De Rossi. In basso il patron Oreste Vigorito. 

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Cannavaro, come l’è sembrato il calcio italiano visto dalla panchina della Strega? «Sono rientrato dopo anni e l’ho trovato molto diverso. Si ragiona di meno. Ero abituato a lavorare con 12 o 13 nazionali. Ma in Cina avevo allenato anche in B. Diciamo che sono ripartito da zero. Ma non è stato un problema. Anzi. Il Benevento mi va benissimo».

Più facile battere la Spal di De Rossi, oppure riagguantare la Reggina di Inzaghi, peraltro, tra infinite polemiche? «Sono abituato a guardare in casa mia. Certo, gli avversari li studiamo con il mio staff. La vittoria di Ferrara ci è servita a lavorare in serenità. Abbiamo altri problemi da risolvere. Ho avuto una dozzina di calciatori fuori. Ma ho un gruppo eccezionale. Sono stati bravi i ragazzi a reagire alle difficoltà. A compattarsi. Contro Spal e Reggina gare difficili. Le polemiche del Granillo? Gli arbitri possono sbagliare. Tuttavia nell’azione del gol contestato, il mio giocatore non fa volume davanti al portiere amaranto e non partecipa all’azione. Poi con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Io penso che se uno è più forte in campo quasi sempre vince. Le polemiche non le alimento».

Tutti l’aspettavano in A, invece s’è fatto convincere dal presidente Vigorito. Cosa l’ha spinta ad accettare questa sfida? «Quando non ho accettato di guidare la Polonia, ho fatto una scelta che si è rivelata sbagliata. Poi solo rumors. E mi sono reso conto che mi sarei dovuto mettere in discussione per non restare a piedi un altro anno. Comunque, a convincermi non è stato il presidente, ma il direttore Pasquale Foggia, mio amico. Anche se le ambizioni di Vigorito hanno fatto il resto».

In campo lei è stato un leader assoluto. In panchina, Cannavaro a cosa aspira? «Mi piace un calcio offensivo e di qualità. Giocarmela con tutti con aggressività, ma anche ragionando con e senza palla. Sono consapevole, tuttavia, che ci sono tanti modi di vincere».

I nutile chiederle chi è il suo modello come tecnico. Oltre a Lippi chi segue con interesse?
«Ho avuto tanti grandi allenatori, spero di aver preso qualcosa da tutti. Amo studiare e aggiornarmi. Spalletti è bravo e mi piace tanto come lavora».

Aggirando tutte le scaramanzie napoletane possibili, il suo Napoli resta il grande favorito per lo scudetto? «Se sei a +8 e a +10 e le altre hanno problemi, il vantaggio è evidente. Incrociando debitamente le dita, diciamo che potrebbe essere l’anno giusto».

L a qualità maggiore del Napoli secondo Cannavaro? «Il gruppo e il fatto che tutti si divertono in campo. Ed è questa la ragione per la quale fanno divertire il pubblico, non solo quello partenopeo».

L’antagonista più pericolosa?
«Milan, Inter e Juve e forse la Lazio. Ma il destino è tutto nelle mani del Napoli».

La lunga sosta sarà una variabile insidiosa? «Tanti sono preoccupati della pausa del campionato. Io no. Spalletti ha allenato in Russia ed è abituato a gestire intervalli così. Non si farà sorprendere».

Il clamoroso ribaltone e le vicende giudiziarie alla Juventus quanto l’hanno colpita?
«È stata una sorpresa. Ma aspettiamo la nuova governance. Senza dimenticare che la Juve nelle difficoltà ha sempre dato il meglio».

L ’Italia per la seconda volta fuori dai Mondiali come mai? «Un dramma. Ma non è colpa di allenatore e presidente. Bisogna resettare il sistema e tornare ai vivai. Gli italiani non fanno più figli e ciò si riverbera anche sul nostro movimento».

In Qatar chi vince alla fine? «Il Brasile mi ha impressionato per qualità e solidità. Poi ci sono Francia, Portogallo, Argentina. Mi piacerebbe che vincesse uno tra Ronaldo e Messi. È impensabile che due così non hanno ancora vinto un Mondiale».

Dalla Cina al Sannio, dove ha trovato le motivazioni per accettare la B, un campionato che lei non ha mai frequentato neppure da calciatore. Come si trova? «Benissimo. La voglia di allenare e di rimettermi in gioco è stata decisiva. Vorrei dimostrare che in Cina non ho fatto le vacanze e che posso lavorare ovunque».

Anche al Chelsea visto che due suoi figli vivono a Londra? «Mai dire mai. Ma per ora mi concentro sulla mia Strega. Qui si può fare davvero bene».

Ma il calcio è uguale a prescindere dalle categorie e dalle latitudini? «Sostanzialmente uguale. Poi ci sono i calciatori che fanno sempre la differenza. Il Benevento cresce ogni giorno. Io vorrei dare qualcosa ai miei nelle motivazioni e nella mentalità che ho dovuto praticamente ricostruire».

Il concetto calcistico a cui lei non rinuncerebbe mai? «Mettere in difficoltà gli avversari. Noi siamo stati abituati ad attaccare la profondità e se aggiungiamo un buon possesso palla qualcosa succede. Ma per vincere serve di più».

Una B mai così equilibrata e con tanti club che ambiscono alla A. Un rischio o un’opportunità per il suo Benevento in ritardo ma non fuori dai giochi? «Se pensiamo in grande, certamente è un’opportunità. Una gara alla volta però. Sono convinto che cresceremo, evitando di essere impazienti. Ci sono problemi in parte dovuti alla costruzione per tappe del gruppo. Altri sono scaturiti da infortuni. Speriamo di recuperare tutti per la sosta. Poi vediamo cosa succede. Ma ogni cosa dipende da noi».

La difficoltà maggiore che ha dovuto superare qual è stata? «La squadra era abituata a ragionare poco. Si basava molto sui duelli. Ma non per responsabilità dell’allenatore precedente. Poi gli infortuni a raffica: Tello, Farias, Simy, per esempio, non li ho mai avuti. E non sono i soli. Inoltre non è facile quando si subentra. Vuol dire che qualcosa si è sbagliato all’inizio e rimediare non è scontato. Serve lavoro per ricostruire. Sappiamo di avere un organico importante e ce la giocheremo sino alla fine. Ora testa solo al Palermo».

Di cosa ha ancora bisogno questo Benevento per ricostruire una prospettiva vincente? «I ragazzi hanno capito che ce la possiamo giocare con tutti. Se ci ricompattiamo risaliremo. Ci sono antagoniste forti, ma il nostro destino lo decidiamo noi».

State già studiando con il direttore Foggia eventuali interventi sul mercato? «Non ho ancora fatto richieste. Abbiamo tanti giocatori fuori. Faremo valutazioni mirate per accrescere le nostre potenzialità. Ma al completo questa squadra vale».

Il presidente Vigorito le ha chiesto la terza promozione in A? «Forse ho chiesto più io a lui che lui a me. Servono strutture. E i grandi risultati ottenuti in passato non sono garanzia per il futuro. Il presidente ha capito le difficoltà del momento e ci sta vicino».

Ai beneventani, sempre un po’ scettici rispetto alla realtà, cosa può promettere? «Solo lavoro. Ma si avverte un’aria diversa anche tra la gente».

Le dimissioni di Como una provocazione o una strategia? «Un atto dovuto per fare chiarezza. Quando non arrivano i risultati bisogna trarre le conseguenze e assumersi le proprie responsabilità. Io e il direttore sportivo siamo amici. Ma non è stato un tentativo di abbandono. Anzi. Il fatto che sono state respinte le dimissioni ha dato forza a me e responsabilizzato il gruppo».

Palermo, Parma, Cittadella, Modena e Perugia per chiudere il girone d’andata. Benevento a -6 dal perimetro playoff. Gap colmabile entro l’anno solare? «Dobbiamo uscire da questa situazione il prima possibile. Questo è un torneo durissimo. Ma ogni turno ci regala novità. Dobbiamo essere umili e cogliere le opportunità che certamente sapremo costruirci o che capiteranno sulla nostra strada».

E Cannavaro sa come si fa!

Fonte: CdS

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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