Anche i bambini fanno ohh per il calcio spaziale, ma fino al 78’…

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Il calcio sublime e quello spaziale, il calcio del Napoli, dell’Udinese, d’una partita folle, 78’ minuti a stropicciarsi gli occhi dinnanzi alla bellezza e gli altri dodici (più quattro di recupero) a chiedersi cosa sia cambiato in quel battito di ciglia, d’aver reso tutto così terribilmente imprevedibile. Quando il Napoli esce dal campo, al 78′, pare sia successo già tutto e invece la partita sta appena ricominciando, perché l’Udinese c’è, vuole esserci, e coglie al volo l’assenza inaspettata di quel “nemico”, un “mostro”, prossimo alla perfezione. Per un’ora e diciotto minuti, il Maradona è stata una esplosione di “ohhh”, un fascino e un magnetismo da lasciar felici, con Osi che fa 1-0 staccando tra le nuvole, Zielinski che disegna parabole da perdersi e poi, tutto in verticale, da Anguissa ad Elmas e verso il Paradiso del 3-0. Ma il calcio non smette mai di insegnare altro e la gioia può essere ribaltata in paura con un pizzico di appagamento, una leggera svagatezza, e brividi che continuano a scorrere dietro la schiena, fino a quando non si sentono tre fischi, sanno di liberazione, di un destino che sembra di nuovo appartenere al Napoli in uno stadio che lo dice a modo suo. «E se ne va, la capolista se ne va». E se ne va più forte persino di se stessa.

Factory della Comunicazione

Fonte: Cds

 

 

 

 

 

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