Bianchi, la tirata d’orecchio: “Pochi giovani in prima squadra”

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Ottavio Bianchi, ospite in questi giorni di Monte di Procida, città europea dello sport 2023, ieri non ha voluto perdere l’occasione per visitare anche Procida, capitale della cultura. «I Campi Flegrei sono un territorio incantevole e questi eventi, culturali e sportivi, fanno solo bene a tutti», Bianchi racconta, un tuffo nei ricordi.

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«Arrivai a Napoli nel 1966 e quasi volevo scappare via perché ero certo di dover andare nell’Inter di Herrera. Però per fortuna sono rimasto e dai napoletani ho imparato ogni cosa», ha raccontato nel corso di una lunga serata che si è tenuto al Lavinium assieme a Pino Porzio, presidente del comitato organizzatore di Mpd 2023. Calciatore, allenatore e poi anche dirigente: ha fatto tutto per il Napoli.

«C’erano Sivori, Altafini, Juliano, Zoff. Noi eravamo dei ragnetti, nessuno andava in palestra. Quando facevamo allenamento io e Omar eravamo dei lazzaroni, sempre in coda a tutti. Arrivavamo negli stadi ed El Cabezon mi faceva: «Noi non siamo atleti, entriamo dall’ingresso autorità».

Poi qui ho allenato Diego, il più forte al mondo. Gli ho voluto bene come un padre a un figlio».

Monte di Procida, dopo Francesco Moser, ha voluto ospitare Ottavio Bianchi per raccontare che cosa è lo sport. «I ragazzi devono divertirsi e basta. E alle società professionistiche tiro le orecchie: i giovani sono pochi in prima squadra, il Napoli ha dentro solo Insigne. Ai miei tempi ce ne erano otto o nove. E vincemmo lo scudetto. Non solo perché c’era il numero uno».

Poi Bianchi racconta ancora. «È sempre la fame che fa la differenza, la voglia di sacrificio: i nostri ragazzi nascono col tablet già in mano. Come possono competere con chi viene da fuori e che affida al calcio, al successo, l’unica possibilità di emergere e di andare via da certi posti?»

P. Taormina (Il Mattino)

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