Dalle invasioni di campo a fare il volontario in Ucraina, parla Ferri, “Il Falco”

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A Radio Punto Nuovo, nel corso di Punto Nuovo Sport Show, è intervenuto Mario Ferri ‘Il Falco’, volontario:

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“Mi trovo a Leopoli, la città più vicina al confine polacco. Ho deciso di venire qui perché c’erano amici ucraini in difficoltà, c’era la possibilità di dare una mano e non ci ho pensato due volte a partire. Sono sempre stato molto pratico, dalla cosa più goliardica a queste più serie, ho sempre agito. Sto collaborando con quest’associazione, degli universitari che erano qui e si sono trasformati in aiuti umanitari.

Leopoli è diventato un porto di salvataggio dell’Ucraina perché tutti quelli che scappano dalle città più colpite, stanno scappando qui per rifugiarsi o per andare in Polonia, che è il passaggio principale. Mi occupo, oltre dell’aiuto concreto, delle guide: ho fittato una macchina, sto mostrando sui social quello che faccio anche per sensibilizzare le persone. Oggi ho portato quattro donne da Leopoli alla Polonia. Hanno lasciato i loro mariti, i loro fratelli, gli uomini che sono impegnati in guerra lasciando il Paese.

Ho preso una donna, Anastasia con il suo bambino David (25 anni e 9 mesi). Mi ha fermato per strada. Ho fatto un viaggio di 15 ore, una lunga fila alla dogana. Ci sono 12 chilometri di fila con tante persone in fila a piedi con un freddo gelido. Sono troppe persone, di tutte le nazionalità. Qualcosa che nella sofferenza mi sta arricchendo. Ci sono delle persone sopra le brandine, quello il loro letto con una sola coperta per qualche giorno. Tutti bambini e tutte donne, perché dai 18 ai 60 anni gli uomini sono dovuti restare a combattere. C’è il padre di David che è un commercialista ed è rimasto.

Cosa può fare un commercialista con il mitra in mano? Viene mandato a morire. Per quanto ho visto, ho visto lavorare solo polacchi. Né soldati italiani, tedeschi, americani o altri. Ho visto qualcosa degli aiuti umanitari, di Croce Rossa. Però è un numero veramente ridotto. Il numero di persone è alto, non è facile fronteggiare questa situazione. Mi emoziono tanto, sono molto empatico, vorrei aiutare tutti ma è impossibile. Ho visto 7-8000 persone in fila a zero gradi a piedi, che superavano la dogana.

Poi entravano per andare dove? Senza una casa, una destinazione. Adesso devo rientrare in Ucraina perché un amico ha fittato un bus che può caricare 60 persone alla volta e oggi faremo due-tre viaggi. Sarà lunga. Per uscire, siccome avevo il bimbo in macchina, ho saltato la fila facendo dei chilometri contromano per arrivare prima. Il bambino non stava neanche tanto bene, febbricitante e ho saltato la fila per accorciare i tempi Qui si parla di file di tre giorni. Pensiamo alla vita, alla normalità e poi a tre giorni chiusi in macchina”.

 

 

 

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Fonte: RadioPuntoNuovo

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