Austerity contro i debiti: sfida ad armi dispari tra Napoli e Inter

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Magari non sarà più facile, ma di certo è più comodo vincere i campionati con i soldi degli altri. Per arrivare dov’è arrivata uno scudetto la scorsa stagione, la vetta della classifica adesso con 1/4 punti di vantaggio su Napoli e Milan l’Inter ha dovuto accumulare debiti per una cifra che al 30 giugno scorso era di 827 milioni di euro. Ottocentoventisette milioni. Avete letto bene. Non è record del mondo, nel calcio, soltanto perché il Barcellona ha fatto di peggio, sfondando recentemente il muro del miliardo, ma va rilevato che il club catalano può vantare ricavi annuali di circa tre volte superiori. Negli ultimi sei mesi la situazione non è migliorata: l’Inter ha preso fiato lanciando un nuovo bond da 415 milioni, necessario per ristrutturare parte del suo debito, in modo da spostare al 2027 la scadenza, che era fissata al 31 dicembre di quest’anno, di due precedenti emissioni del valore complessivo di 375 milioni.
In sostanza, il denaro da restituire è aumentato ancora, ma c’è molto più tempo per farlo e le casse del club sono abbastanza piene per pagare regolarmente gli stipendi dei tanti giocatori importanti a disposizione di Inzaghi. Cosa che nel campionato precedente non sempre accadeva, sollevando critiche e perplessità nelle società che invece rispettavano i termini rigorosamente. Violazione delle regole? In realtà no. Perché il ritardo e il differimento delle buste paga erano preventivamente autorizzati grazie all’accettazione esplicita da parte dei calciatori, convinti da Marotta e Conte a non muovere obiezioni in vista dell’obiettivo della vittoria finale. Nonostante queste ed altre acrobazie economico-finanziarie come si è capito dalle perquisizioni di ieri la società nerazzurra è, con la Juventus, la più coinvolta nell’indagine giudiziaria sulle plusvalenze farlocche l’Inter ha chiuso il bilancio 2020-21 con un deficit, questo sì record assoluto, di oltre 245 milioni. Cioè quattro volte superiore a quello del Napoli (rosso di quasi 59 milioni di euro) che dopo anni di oculata gestione ha dovuto fare i conti, come tutti, ma non tutti allo stesso modo, come le conseguenze della pandemia. La situazione del club di De Laurentiis non è certo quella ideale, da qui la necessità della politica di austerity per quanto riguarda gli stipendi dei giocatori, ma è è comunque più stabile rispetto a quella dell’Inter. L’indebitamento al 30 giugno scorso era di 254,7 milioni, dovuti in gran parte ad altri club italiani o esteri e in parte inferiore a fisco e fornitori, ma senza alcun onere di carattere finanziario. A dimostrazione di una certa solidità, che fa ben sperare per il futuro: patrimonio netto positivo, anche grazie a un’operazione di rivalutazione del marchio consentita dal Decreto Crescita (a dimostrazione del fatto che non è del tutto vero che il calcio non stia beneficiando dei ristori per il Covid) e una liquidità di cassa assolutamente tranquillizzante, persino in vista di operazioni di mercato future. Il futuro dell’Inter invece è assai incerto: deve fare i conti, oltre che con i debiti in seno alla società, anche con quelli della proprietà: il gruppo Suning in Cina, un esempio di miracolo della old economy, proprio perché sostanzialmente assente dal mercato dell’e-commerce e delle nuove tecnologie, è stata colpito dalla crisi post coronavirus in modo drammatico, salvandosi finora soltanto grazie a ogni tipo di finanziamenti esterni che chissà se e quando potrà rifondere. Per restare all’Inter: la holding lussemburghese attraverso cui Zhang controlla il club ha ricevuto un prestito di 275 milioni, garantito da un pegno di azioni nerazzurre, da un fondo di private equity (Oaktree Capital Management) specializzato in investimenti su titolo in grande difficoltà. E vedremo come andrà a finire: non è da escludere prima o poi un cambio di proprietà tipo quello che ha consegnato il Milan a un altro fondo, Elliott. Di certo, l’Inter sta approfittando della vacanza regolamentare a livello Uefa. In attesa delle nuove norme sul Financial Fair Play e grazie alla sospensione delle vecchie, accantonate per evitare un eccesso di sanzioni in questa difficile situazione post porte chiuse, può tranquillamente partecipare, nonostante un quadro economico-finanziario imbarazzante, non solo alla Serie A, dove purtroppo le regole più serie, come l’obbligo del pareggio di bilancio, sono state cancellate, prima della pandemia, dalla Federcalcio di Gravina, ma anche alle Coppe Europee.
E a parteciparvi con un organico da Top Club. E’ abbastanza incredibile che ci siano soltanto 1/4 punti di differenza e che si preparino a una sfida scudetto due squadre composte da giocatori che hanno valori così diversi. Secondo Transfermarkt, un sito internazionale considerato molto attendibile dagli esperti di calcio mercato, il valore attuale della rosa dell’Inter è di 550,9 milioni (comunque meno della Juventus), mentre quello della rosa del Napoli è di 505,8 (comunque più del Milan). Ma ancora più che del valore dei giocatori, la differenza sta nelle entrate e nelle uscite dei due club. Nell’ultimo bilancio, l’Inter ha iscritto un valore della produzione di 364,7 milioni, il Napoli 228,1 milioni; i costi della produzione ammontavano a 568,7 milioni per l’Inter, a 306,6 milioni per il Napoli.
Due entità così diverse che ottengono risultati sportivi in questa stagione per ora simili raccontano della necessità di avere anche nel calcio idee innovative e progetti ben definiti. Essere ricchi, o per lo meno avere disponibilità superiori, non basta, per quanto aiuti molto. Poi la ricchezza, economica e ideale, va confermata e alimentata giorno per giorno, iniziativa per iniziativa. Guardando all’oggi e al domani. Vincere insegna e aiuta a vincere, ma pure ad aumentare i ricavi. Occorre però avere una solidità di base, che il Napoli sembra avere, nonostante tutte le difficoltà, e l’Inter no. Basti pensare che il club nerazzurro d’ora in poi dovrà spendere almeno 30 milioni l’anno di soli interessi sui prestiti ricevuti. Il che vuol dire in pratica bruciare quasi tutto il premio d’accesso alla Champions League.

Factory della Comunicazione

G. Teotino: Il Mattino

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