Luciano Spalletti: “Siamo costruiti per cercare di vincerle tutte”

Il tecnico del Napoli parla delle insidie della sfida in terra lagunare

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Quando la Storia – per certi versi – ti si para dinnanzi così, val la pena di starsene incollato ai propri pensieri, guardarsi dentro e perlustrando la propria anima:

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«Noi dobbiamo fare il Napoli, siamo costruiti per cercare di vincerle tutte».

Come se fosse un rabdomante, e inseguendo la felicità nascosta, intrufolandosi nei misteri del calcio e tentando di sondarli uno a uno, Luciano Spalletti va incontro al destino senza perdersi nella retorica, dando un senso compiuto alla propria onestà intellettuale, lasciando che poi il destino scelga semmai anche per lui:  «Affronteremo avversari importanti, la tempesta perfetta mi pare alle spalle ma qualsiasi scenario si presenti, per noi non cambia nulla».

Alle due del pomeriggio d’un sabato che lo sistema dinnanzi alò proprio (lontanissimo) passato, manco leggesse nella palla di cuoio, quell’uomo che insegue il futuro pare sia in grado di prevedere i rimbalzi (ir)regolari del calcio: mentre Inter-Milan sta per essere proiettata, e lasciandola ai margini del proprio vissuto, dalla panchina di Spalletti si ha la sensazione di scorgere un orizzonte che, casualmente e a posteriori, sembra poi avvolto in un arcobaleno.

«Noi dobbiamo avere la consapevolezza del nostro valore e quindi di poterle vincere».

Quando Venezia-Napoli comincerà, nel labirinto della memoria di quella squadra che somiglia «maledettamente» al proprio allenatore, che ha carattere e personalità, verranno spazzate via le illusioni e la presunzione, le distrazioni e la superficialità, perché adesso si entra in una dimensione (in)definita, che può schiudere alla felicità più estrema. «Conta quello che vogliamo, il livello di qualità da esibire come ambizione e per migliorare ciò che abbiamo fatto finora». 

 

 VENEZIA, INTER. Ci sarà un’ora e mezza soltanto da attraversare nel fascino d’una giornata vibrante, che trascina liberamente la fantasia e che però contiene in sé la perfidia del calcio: sarà assolutamente vietato, per il Napoli, dileguarsi, lasciare che la tentazione di catapultarsi nella sfida con l’Inter finisca per sottrarre energia fisica o anche nervosa, afferrate da Spalletti e sistemate al centro del proprio universo.

«Non bisogna cadere nel tranello che questa sia una partita di passaggio. Il Venezia è un avversario che ha calciatori forti e un allenatore che sa fare il suo mestiere. I miei ragazzi lo sanno, la partita vera è questa qui». 

GLI ELOGI. Sette mesi per prendersi (il) Napoli e plasmarlo, per restituirgli il sorriso e tirarne fuori la propria, soffocata, autorevolezza calcistica, quel talento che pareva sfiorito, peggio ancora evaporato, e che invece sta lì, a disegnare iperboli.

«Il mercato è finito e noi abbiamo rispettato ciò che ci eravamo detti. Siamo rimasti coerenti con le nostre idee iniziali. Pensavamo di avere una squadra forte sin dall’inizio e ne siamo convinti anche adesso. Però con il Venezia servirà fare un saltino caratteriale».

E sarà necessario non disperdere quel patrimonio lasciato dalle ferite – con l’Empoli, con lo Spezia – gli avvitamenti d’una squadra che s’è smarrita raramente e che poi, sistematicamente, ha rappresentato l’idea «ribelle» del proprio allenatore, sommerso dall’eco avvolgente della gratitudine di Nainggolan («quando ho visto che andava al Napoli ho pensato: vince lo scudetto…Le assenze gli hanno complicato il lavoro, ma con lui, che capisce di calcio come pochi, si può sempre puntare al massimo») e però proteso in una favola che ha riscritto da sé. 

A. Giordano (Cds)

 

 

 

 

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