Luciano Spalletti: “La Roma? Un’altra pretendente di un condominio molto ambito”

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E l o chiamano calcio, mentre invece Roma-Napoli è uno stadio d’animo: «È la mia partita».

Ci sono cinque anni che appartengono a Luciano Spalletti e c’è un calcio che rimane lì, incollato alle pareti della memoria, tra brividi che ancora percorrono la schiena e frammenti di scorie che si depositano nel vuoto: «La Roma non sarà mai la mia nemica, questa è la gara della mia vita, quella di due esperienze esaltanti. Io non devo sconfiggere il passato, semmai impegnarmi per un match importantissimo per il futuro del Napoli. In generale, non bisogna vivere invano e posso dire di aver avuto la possibilità di godere di passaggi importanti nella mia carriera, in piazze con umori forti». In una viglia senza retorica, così profondamente vera e anche assai romantica, Spalletti sceglie di toccare le corde dei propri e anche degli altrui sentimenti, s’affida ad un discorso ovviamente diretto, non si rifugia nella melina o nella pretattica e lascia che assieme a lui si esprima anche il linguaggio del corpo, serenamente fiero: «Ho avuto già modo di tornare a Roma e certi argomenti li ho già affrontati. Io non merito i fischi perché so quanta passione, quanto amore, quanta ossessione abbia dato alla Roma. Ma se me li faranno, da quella distanza diventerà facile sopportarli. Poi mi farò consolare dal ricordo degli applausi delle magnifiche partite che abbiamo vinto giocando un calcio spettacolare con calciatori altrettanto magnifici». E sarà come piombare nella galleria dei propri ricordi, da tener vivi giusto per un istante, il tempo necessario per incrociare Mourinho, per sussurrargli ciò che entrambi sanno e che Spalletti rende pubblico, in questo suo tour dell’anima che lo riconduce a se stesso: «La Roma ha un allenatore fortissimo, perché Mourinho è uno di quei tecnici che migliorano la qualità dei campionati in cui lavorano. Sa dove vuole andare parla e se mi accostate a lui mi fa piacere ma so che state esagerando, perché lui non è avvicinabile». E ci sarà anche il calcio in questo viaggio che non ha tracce di nostalgia ma è un racconto emozionale di quel ch’è stato, di quello che potrebbe essere. «È uno scontro diretto contro un inquilino del condominio più ambito. Non sarà decisiva, rimarremo tutte agganciate alla possibilità di entrare in Champions League e del resto se ne parlerà strada facendo. Avrei preferito che la Roma non arrivasse a questa gara con quel 6-1 addosso ma andiamo a fare la nostra partita, per evitare le trappole». 

 

 
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Però in questa serata che va avvicinata con il gusto sottile dell’esteta, ci sarà poi spazio per quella generazione di fenomeni che riempiranno un’ora e mezza di pathos: e Roma-Napoli diventerà materia per gli esteti, una sfilata di talenti. «Ho letto che Walter Sabatini ha detto che in questo momento preferirebbe Osimhen a Mbappé e io la penso come lui, ma non solo adesso. Però la Roma ha Abraham, che come Victor dà spazi; ed avranno anche Zaniolo, che invece dà strappi. Loro hanno varie soluzioni e noi dovremo essere bravi a proporre le nostre: ma vedo bene i ragazzi, stanno respirando questa bella aria di Napoli». E s’avverte un’atmosfera magica al Maradona da dive la squadra parte per Roma e trova cinquecento ultras per sottolineare che pure per loro, adesso, quello che una volta si chiamava derby non è una gara come le altre. È un saluto veloce, che Spalletti arricchisce di significati: «Grazie per la vostra vicinanza, che è molto importante per voi e per i giocatori. Difendete sempre i ragazzi, vogliategli bene. Voi siete tanta roba, una forza aggiuntiva». C’è un uomo che si è già preso Napoli: sarà stata «simpatia selettiva». 

A. Giordano (CdS)

 

 

 

 

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