Doppio ex Claudio Sala: “Insigne è straordinario, l’ho “scoperto” io!”

«INSIGNE COME ME MA COL TIRO A GIRO»

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Per Claudio Sala è come se Napoli e Torino rappresentassero due stagioni della vita: la primavera e l’estate. A Napoli è arrivato da ragazzino, come prima grande società che aveva deciso di puntare su quei piedi educati e quel senso del dribbling così spiccato. A Torino, invece, è diventato uomo, con la vittoria dello scudetto nel 1976 impreziosita dai suoi assist, preziosi, per i bomber Pulici e Graziani.
Era un giocatore atipico, che amava allargarsi e far male dall’esterno…
«In realtà quella è stata una necessità dovuta ai tempi».
Cosa vuol dire?
«Se guardiamo il calcio di oggi ci sembra impossibile, ma ai miei tempi era un’altra storia: ora è più facile. Una volta, quando arrivavo in campo, avevo un uomo addosso per tutta la partita. Non come adesso che ti lasciano girare e puoi fare quasi quello che vuoi. I giocatori hanno tutto il tempo di prendere la rincorsa e dribblare. Io, invece, mi sono dovuto spostare sulla fascia per avere un po’ di campo in più e sfruttare le mie qualità nell’uno contro uno».
Insomma, un po’ come Insigne nel Napoli di oggi?
«Diciamo di sì, anche se tra noi due c’è una differenza fondamentale».
Ovvero?
«Lui dalla sinistra si accentra e calcia con il suo famoso tiro a giro, mentre io facevo gli assist per Pulici e Graziani. E infatti lui ha segnato e segna molto più di me. Ma d’altra parte Lorenzo è un giocatore straordinario. Si può quasi dire che l’abbia scoperto io».
Ci dica di più...
«Lo venni a vedere quando mi occupavo del settore giovanile del Torino. Mi aveva impressionato subito, nonostante fosse bassino. Sapeva dribblare benissimo ed era infermabile tra i suoi coetanei. Ecco perché suggerii subito il suo acquisto, che però non si concretizzò. Peccato, perché si vedeva che aveva stoffa e qualità».
Lei davanti aveva Pulici e Graziani, Insigne ha Osimhen...
«Victor è molto bravo, ma mi aspetto che possa crescere, ancora un po’ e può fare la differenza definitiva».
Intanto il Napoli è lì a punteggio pieno: cosa si aspetta dalla gara di domenica? 
«Non sarà facile per il Torino, perché gli azzurri sono carichissimi, ma devono stare attenti. Il Toro ha alternato risultati buoni e altri meno buoni ma se la verrà a giocare a viso aperto».
Cosa ha rappresentato per lei l’esperienza a Napoli da calciatore? 
«Innanzitutto la mia prima volta lontano da casa. E devo dire che anche per questo all’inizio facevo molto fatica, soprattutto ad ambientarmi nello spogliatoio».
Perché?
«Il contesto era difficile. In attacco c’erano giocatori forti ed esperti come Canè, Sivori, Altafini, trovare spazio era quasi impossibile, tanto più per me che venivo dalla serie B».
Come mai scelse proprio Napoli?
«Perché Lauro fece di prima di tutti. C’era anche il Toro che mi seguiva da un po’, ma il presidente del Napoli fu il più lesto nell’acquistare il cartellino lasciandomi fino alla fine della stagione a Monza in serie B. Per me fu molto emozionante entrare in uno spogliatoio di mostri sacri come Zoff e Altafini, per di più io ero uno ragazzino molto timido. Dopo l’esonero momentaneo di Chiappella non ho più giocato. Poi per fortuna è tornato nel finale, mi sono ripreso il posto e ho dato il meglio di me».
Poi è arrivato il Torino…
«Quella è stata la mia vera esplosione. Ammetto che se fossi rimasto a Napoli avrei fatto ugualmente bene perché superata la fase iniziale mi ero calato nel tessuto della città e della squadra, ma Torino è stata la grande consacrazione. Sono arrivato nel 69 e abbiamo sfiorato il titolo già 2 anni dopo. Arrivammo a un solo punto dalla Juve. Ma la programmazione era perfetta, anno dopo anno arrivarono i giocatori giusti e nel 1976 abbiamo coronato il sogno. Graziani, Pecci, Castellini: un tassello alla volta, tutti decisivi». B. Majorano (Il Mattino)

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