Renica: «È un oltraggio all’ex presidente anche io umiliato»

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«Mi sento umiliato».

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La voce è quella di Alessandro Renica, ex giocatore del Napoli negli anni di scudetti e coppa Uefa. E nelle sue parole c’è rabbia, tanta rabbia. Il motivo, è presto detto: nella carrellata di volti che colorano le due pareti della stazione della Cumana Mostra-Maradona, manca il suo. Lui che del Napoli più vincente della storia, è stato uno dei maggiori protagonisti.
Ora come si sente?
«Umiliato. Ma anche molto ma molto stupito».
Perché?
«Nella scelta dei volti non ho visto la logica. Tra i personaggi raffigurati manca gente come me che ha parlato con i fatti. Per essere sicuro di non stare sognando, mi sono andato a rivedere tutte le immagini di quegli anni: nelle situazioni più importanti c’ero ed anche determinante in campo».
Cosa sente di dire agli autori del murale?
«Non ne sanno della storia del Napoli e non sono degni di aver fatto questa opera. Questi artisti avranno avuto una guida. Non penso siano andati a simpatia».
Cosa si aspettava?
«Sarebbe bastato raffigurare qualche episodio corale nel quale si poteva mettere il volto di tanti altri protagonisti».
Ad esempio?
«L’immagine della vittoria della Coppa Uefa: Diego che alza il trofeo al cielo ed io sono dietro di lui. È una foto che è entrata nella storia dell’immaginario napoletano. Eppure mi sembra che abbiano dimenticato tutto della storia che ho fatto io a Napoli».
Ovvero?
«Il gol a Tacconi nell’anno dello scudetto o l’assist per Careca in Coppa Uefa. Per non parlare del gol al 119′, sempre in coppa, quando in campo eravamo senza il capitano. Sono momenti che sento ancora tatuati sulla pelle. Magari avrebbero potuto raffigurare la mia corsa ad abbracciare Giuliani: sarebbe stato un bellissimo regalo anche per onorare la sua memoria».
Ma non solo...
«Ho messo il sigillo in tanti momenti importanti del Napoli. Ho fatto una marea di gol e tanti assist giocando da libero. Eppure non è bastato: non sono stato apprezzato e messo in luce un minimo. Tanto di cappello a Krlol, ma il mio lancio non era secondo al suo. Ho fatto degli assist dalla linea della difesa e facevo far gol a Maradona. Col Torino e col Verona. Mettevo sempre i compagni davanti al portiere, ma nessuno lo vuol ricordare. Non lo capisco».
Lei che è stato protagonista nell’era Maradona…
«Quell’epoca l’ho vissuta tutta. Dall’inizio alla fine. E sono stato uno dei pochissimi a poterlo dire. Non ho fatto solo un pezzettino. Sono risultato determinante sempre. Compreso nell’anno del secondo scudetto, quando prima dell’infortunio ho indossato la fascia di capitano in attesa che tornasse Diego. In quel periodo ho fatto 2 gol in 3 partite. E nello spogliatoio ero un punto di riferimento per tutti».
Avrebbe aggiunto anche qualche altro protagonista di quelle stagioni?
«In quel periodo ci sono stati tanti episodi e tanti giocatori veramente importanti che nei momenti tipici della società hanno ricoperto ruoli fondamentali. Personalmente sono offeso, ma mi metto nei panni di tutti. Sarebbe bastato mettere un’immagine corale della squadra per ricordare anche loro».
Sopratutto manca l’immagine di Corrado Ferlaino.
«Quella è una scelta che trovo addirittura sarcastica. Ferlaino è stato l’artefice di tutto. Davvero non ho parole per commentarla come cosa. Un dispetto gratuito. Come si fa a dimenticare Ferlaino? Tutti noi possiamo avere pregi e difetti, ma Ferlaino ci ha messo tutto il suo impegno in quegli anni: è stato il presidente degli scudetti e del momento di gloria. Portare Maradona non è stata una passeggiata e magari forse non tutti lo ricordano». B. Majorano (Il Mattino

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