Marek Hamsik: «Gli regalai la maglia del record, l’amore di Napoli non finirà mai»

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Marek Hamsik ai microfoni de Il mattino:

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«Lui è stato un dio per generazioni di napoletani che poi a loro volta hanno trasmesso incredibilmente questo amore e questa adorazione ai propri figli e ai propri nipoti. E come si fa a parlare di un dio?». Marek Hamsik è uno dei simboli del Napoli. Non solo il capitano fino al 2019 ma anche il campione che detiene il record di presenze con la maglia azzurra (520) e che per primo è riuscito a superare l’Everest dei 115 gol del Pibe de oro fermandosi, prima di andar via, a 121 reti. Hamsik è una bandiera. Vera. Di quelle mai sgualcite. Intatta. Pura. E parla di Diego commosso, sinceramente. «Era unico, eccezionale, una leggenda per me e per tutti. Lo incontravo e gli stringevo la mano con timidezza. Perché era un gigante». 
Hamsik, è un giorno davvero triste. 
«Lo è per tutto noi. Lui è stato davvero il più grande di sempre. Quando segnai il gol che mi permise di raggiungerlo in cima alla classifica dei marcatori con la maglia del Napoli decisi che la cosa più giusta da fare era mandargli la maglietta con cui avevo battuto il record. Potevo tenerla per me, perché comunque era un traguardo di cui andavo fiero, ma pensai che era giusto che andasse a lui. Anche perché era un onore vero mettere il mio nome al suo fianco».
E lui ha gradito.
«Sì, il suo amico procuratore Stefano (Ceci, ndr) pensò a recapitare il mio omaggio. E lui mi chiamò, mi ringraziò e poi mi dedicò un video in cui mi diceva che in tanti sono passati senza lasciare nulla mentre io e lui possiamo dire di aver giocato in un grandissimo Napoli».
L’hanno colpita le immagini del dolore di Napoli?
«Ho visto le scene davanti allo stadio, ho letto i commenti commossi di centinaia di tifosi che hanno voluto lasciare un pensiero sul mio profilo Instragram dove ho scritto che Diego è un campione unico e che Napoli e tutto il mondo non dimenticheremo mai. Mi colpisce ma non mi meraviglio. Diego e Napoli sono la stessa cosa».
Troppo piccolo per ricordarselo quando giocava?
«Sì, ma papà quando poi mi doveva raccontare dei grandi campioni mi parlava di lui, del suo gioco, dei suoi colpi magici, della sua fantasia con il pallone. E poi quando diventi un po’ più grande e sogni di voler fare il calciatore, come fai a non innamorarti di lui? Ho visto tutti i suoi gol con il Napoli e l’Argentina tante volte, i suoi video, i film, le sue azioni con gli avversari che cercavano di fermarlo in ogni modo. E devo dire che non trovi nessuno che abbia fatto le sue cose su un campo di gioco».
I due scudetti e la Coppa Uefa sono nel cuore di Napoli?
«La gente me ne ha sempre parlato. Quante volte gli hanno dedicato dei cori allo stadio? Tantissime. Perché ha fatto qualcosa di straordinario per la città ed è per questo che sarà ricordato per sempre per quello che è riuscito a trasmettere. Napoli dà amore solo a chi lo merita. E se ora piange è perché è come se avesse perso un figlio, un fratello, uno della propria famiglia».
Cosa l’ha colpita in particolare di questo amore per Maradona?
«Io sono arrivato nel 2007, quasi quindici anni dopo la sua partenza. E sempre, fin dal primo giorno, i tifosi parlavano di lui. Ecco, capisco quelli di una certa età ma parlavano di lui come di un simbolo, di un idolo, anche quelli che avevano la mia età, anche quelli più piccoli di me e che quindi non lo avevano visto giocare. Tutti parlavano sempre di lui, delle sue prodezze, della sua generosità, dei suoi gol col Napoli. Anche questa è una magia: far innamorare anche tutti quelli che sono venuti dopo, anche quelli che hanno potuto sentire solo i racconti di quello che ha fatto. Lui era il più amato di tutti».
Come è potuto succedere secondo lei?
«Perché l’amore dei papà e delle mamme per Diego è stato talmente grande che lo hanno trasmesso ai figli. Ha fatto innamorare una generazione per cui è stato un dio e i napoletani lo hanno trasmesso ai figli, ai nipoti. E questa cosa continuerà a essere così per sempre. Per sempre. Perché lui si divertiva in campo e così divertiva la gente allo stadio».
Due volte lo ha incontrato?
«E tutte e due le volte mi sono emozionato. Era talmente tanta l’ammirazione e il rispetto che ho sempre avuto per lui che quando me lo sono trovato vicino ho perso le parole. L’ultima volta venne a Castel Volturno e fu per noi una mattinata di grande gioia. Se ne è andato uno dei più grandi calciatori di tutti tempi e io ho avuto il privilegio e l’onore non solo di stringerli la mano ma anche di superare il suo record di gol. Il record di gol di una leggenda del calcio mondiale». Pino Taormina (Il Mattino)

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