Il doppio ex G. Galli: “Mertens-Ibra come Careca-Van Basten”

Giovanni Galli presenta la sfida del San Paolo al CdS

0

Diciamola tutta e anche subito: «Napoli-Milan non può essere considerata una sfida scudetto».

Factory della Comunicazione

Ah no? «Assolutamente, è troppo presto. Però…».

Però Giovanni Galli, uno che ha scritto la storia rossonera con la squadra da favola di Sacchi e che in quella azzurra è capitato nell’incubo dell’addio traumatico di Maradona, sa bene che la partita in programma domenica al San Paolo vale molto per la classifica e le rispettive ambizioni.

«Peccato che lo stadio sarà vuoto: avrebbe meritato ottantamila spettatori».

Il suo carnet e la sua bacheca, invece, sono stracolmi di trofei, ricordi, soddisfazioni e magari anche delusioni. Inevitabile, del resto. Proprio come la sorpresa di un dato statistico che lui stesso sottolinea alla domanda classica: scusi tanto, lei che ha vestito le due maglie,

per chi farà il tifo? «Io sono tifoso della Fiorentina. Punto. Ma ho grande simpatia per entrambe. Tra l’altro sa cosa?».

Cosa? «Ho giocato più o meno lo stesso numero di partite nell’una e nell’altra».  

Per la precisione: 98 presenze in campionato da portiere del Milan e 98 da portiere del Napoli.

 «Ecco, vede? Qualcosa in più in Champions con il Milan, però».  

E anche molti trofei: due Coppe dei Campioni, perché allora si chiamavano così; un’Intercontinentale; la Supercoppa Uefa; uno scudetto e una Supercoppa Italiana.

Con il Napoli, invece, una Supercoppa italiana: il tempo di godere un attimo di Diego e poi di salutarlo. Era il 1991.
«Arrivai in azzurro convinto di poter continuare sulla falsariga milanista, periodo straordinario e di grandi vittorie, ma non ero a conoscenza di tutte le problematiche. Forse avrei potuto fare di più anche io, ma la situazione era più grande di noi».

Tornando ai giorni nostri: perché Napoli-Milan non è uno scontro scudetto?
«Perché siamo solo all’inizio di un campionato strano e particolare ma anche avvincente. Sì, dopo tanti anni finalmente non c’è una squadra che lo ammazzerà: direi che in quattro o cinque potranno giocarsela fino alla fine per traguardi importanti».

Fuori i nomi. In ordine sparso, per carità…
«Inter, Napoli, Milan, Juve e Atalanta se ritrova gli equilibri».

Correggiamo il tiro, allora: Napoli-Milan può essere considerata una sfida in prospettiva scudetto?  «Beh, diciamo che sarà un incrocio tra due squadre che possono ambire a lottare per lo scudetto».  

Come giudica il Napoli?  «Ha una rosa importante. Veramente. Non so se sotto il profilo dei valori sia la migliore, ma di certo ha due titolari per ruolo e tra un giocatore e l’altro non c’è tutta questa differenza: caratteristica rara».  

E il Milan, invece?  «Ha ricominciato a correre nel solco inaugurato nel finale della stagione precedente: Pioli è stato molto bravo e oggi la squadra pratica anche un calcio divertente».

A proposito: al San Paolo non sarà in panchina causa Covid.  «Già, i tempi purtroppo sono questi. Stefano è stato mio inquilino a Firenze: è una persona meravigliosa, squisita, di alto profilo ed è un conoscitore di calcio. Sono molto felice che al Milan abbia trovato una situazione che lo sta ripagando di tanti bocconi amari».  

E invece Gattuso, anima rossonera di un altro Milan stellare, che allenatore è? «Con Rino ho condiviso il corso a Coverciano. La sua è una storia professionale in continua crescita: credo che nell’ultimo anno abbia cambiato passo. Anche sotto l’aspetto dell’organizzazione: forse prima non era così attento a certe evoluzioni, a ciò che si può cambiare, mentre ora ha più letture. Più movimenti e concetti offensivi, una squadra che attacca e corre in avanti: davvero un ottimo lavoro».

Lei si illumina quando parla di calcio.  «E’ la mia passione, nessuno me la può togliere. Incontro spesso in amicizia Allegri, Spalletti, Prandelli, Ancelotti… E tra una cena e l’altra inevitabilmente si scende nei particolari e si finisce a parlare di calcio: adoro il confronto».

A proposito di allenatori toscani: Sarri è a Figline Valdarno. A due passi da Firenze, da casa.  «L’ho visto un paio di settimane fa, ci sentiamo e ci confrontiamo sempre: del resto fui io a portarlo a Verona, quando ero il direttore sportivo».

E’ pronto a tornare in panchina?  «Sì, è pronto. Ha voglia».

Tifa ancora per il Napoli?  «Sa, quell’esperienza è stata la massima espressione del suo lavoro: personalmente non mi perdevo una sola partita, mi piaceva davvero e mi divertivo moltissimo proprio come ora mi diverto a vedere l’Atalanta. Era una squadra veloce, tecnica, organizzata e gioiosa. Ecco: la gioia dei calciatori di quel Napoli mi pareva l’aspetto dominante. E decisivo: il calcio deve essere questo e provo a trasmettere certe cose anche ai bambini della mia scuola».  

Da un punto di vista tattico, cosa farà la differenza in questo Napoli-Milan?  «Mah, è da vedere. Sono due squadre con identità precise, ma tutto dipenderà dalle assenze e dagli strascichi delle Nazionali: è possibile che le ultime partite si giochino il mercoledì, magari oltreoceano? In che mondo viviamo? Comunque, sia Pioli sia Gattuso adottano sistemi di gioco consolidati, anche se i numeri servono più che altro a dare un po’ d’ordine: i concetti e i principi sono fondamentali. E gli uomini».  

Gli uomini, i campioni, i giocatori decisivi: su chi punterebbe?  «Uno per squadra: direi Ibrahimovic e Mertens. Anche Insigne, però, mi pare che stia facendo cose molto importanti».  

Scomodiamo i mostri sacri: se dovesse paragonare un giocatore del Milan e del Napoli attuali a uno del suo Milan e del suo Napoli?  «All’epoca c’erano due dei centravanti più forti della storia, Van Basten e Careca, di cui tra l’altro si parlava meno di quanto avrebbe meritato considerando il mito di Maradona, mentre oggi continuo a indicare Ibra e Mertens. Sia chiaro: con le dovute differenze e le dovute proporzioni, mi viene in mente il parallelismo tra centravanti».  

Ha citato Diego, suo compagno per qualche mese nella stagione 1990-1991: l’ha sentito per il suo sessantesimo compleanno?  «Gli abbiamo mandato un video e siamo in contatto tramite Instagram».  

Lotta sempre come un leone, lui. E anche Diego junior sta ruggendo contro il Covid a Napoli.
«Il giovanotto è forte fisicamente: faccio un grande in bocca al lupo a lui e ovviamente al suo papà. Di recente purtroppo ha avuto qualche problema».

Già. Momento delicato ovunque.  «Sì, perché bisogna anche convivere e combattere con il virus: la situazione è particolare e da consigliere regionale della Toscana vivo un’esperienza forte. Mi divido tra famiglia, politica e calcio».  

La forza è una qualità che non manca al Napoli e al Milan.  «In quanto squadre e in quanto club: a De Laurentiis riconosco grande abilità, come imprenditore e presidente, nonché la capacità di aver creato punti fermi all’interno della società. Pochi ma fermi. Anche al Milan oggi c’è chiarezza, ognuno conosce il suo ruolo e lo si percepisce anche nello spogliatoio. Prima era una Babele: la dichiarazione di Ibra che indica Maldini come referente per il rinnovo conferma la certezza del quadro».  

Fabio Mandarini (Cds)

 

 

 

 

Potrebbe piacerti anche
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.