Il Mattino – CTS: “Sì alle scuole, no agli stadi!”

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Agostino Miozzo: «Per noi la priorità sono le  scuole, ricominciare le lezioni. Il pubblico per gli eventi sportivi, mi spiace, non è una priorità, per il momento», dice il  coordinatore del Comitato tecnico scientifico, al quale in queste ore stanno arrivano le richieste delle varie federazioni sportive per riportare gli spettatori negli stadi e nei palasport. Ma con il numero dei casi positivi che si avvicina ai 1.500 giornalieri, gli esempi preoccupanti di Spagna e Francia, secondo il Cts gli unici rischi che si possono prendere sono quelli per riaprire, con il più alto grado di sicurezza possibile, le scuole.
E lo sport?
«Nulla contro lo sport, ma la scuola viene prima. Ripeto: gli eventi sportivi con il pubblico negli stadi non sono una priorità».
Riprenderanno le lezioni il 14 settembre?
«Con l’andamento attuale dell’epidemia sì. Se invece dovesse esserci un incremento dei casi più accentuato, dovremmo fare delle valutazioni qualche giorno prima, attorno al 10 o l’11 settembre. Magari potrà essere necessario essere prudenti nelle aree in cui dovesse esserci un’impennata di casi. Ma oggi la riapertura delle scuole è sostenibile».
In Germania hanno dovuto richiudere qualche istituto quando sono riprese le lezioni.
«Può succedere e dobbiamo guardare con attenzione agli esempi degli altri Paesi. Voglio essere molto chiaro: potrà capitare che una scuola, anche in Italia, dovrà sospendere le lezioni perché ci sono dei casi positivi. Ma bisognerà vivere questi eventi con sangue freddo, senza drammatizzare, come fanno negli altri Paesi. In Italia a volte ci sono reazioni contraddittorie: per giorni ho ricevuto migliaia di minacce e insulti per l’obbligo della mascherina, da un po’ di giorni ne sto ricevendo centinaia per il motivo opposto, perché come Cts non siamo abbastanza rigorosi sulle mascherine».
Facciamo chiarezza, perché sulla scuola sta succedendo un po’ quello che accadde per i leggendari pannelli di plexiglas sulle spiagge che esistevano solo nella fantasia. C’è ancora chi pensa che a scuola ci sarà il plexiglass (falso). E che i bambini dovranno seguire le lezioni con la mascherina.
«Sulla mascherina sarà importante la video call con la parte europea dell’Oms, a cui lunedì parteciperanno i rappresentanti dei Paesi europei. Ascolteremo chi ha riaperto le scuole. Come Comitato, una linea l’abbiamo già indicata. Sotto i sei anni nessuna mascherina. Nelle elementari solo negli spostamenti, quando ci si alza, quando si prendono i mezzi, ma non seduti sui banchi durante la lezione, a ginnastica o mentre si mangia. Per le medie e le superiori il principio è lo stesso».
Nei licei c’è un rischio significativo: migliaia di ragazzi tra i 16 e i 18 anni si sono contagiati nelle discoteche. Che effetto avrà questo sulla diffusione dell’epidemia a scuola?
«Ciò che è successo in alcune situazioni è scandaloso. Stiamo pagando la superficialità di questi mesi. Ci sono dei video a dimostrarlo. Come Cts avevamo detto chiaramente che le discoteche non andavano aperte e che, comunque, andava rispettata la distanza dei due metri. Alcuni gestori dei locali hanno violato qualsiasi regola, spero che la magistratura faccia chiarezza. E i ragazzi, forse per un senso di liberazione dopo il lockdown e per i messaggi sbagliati lanciati da molti adulti che davano per finita l’emergenza, hanno vissuto questa estate con imprudenza. Non è colpa dei giovani. Dobbiamo spiegare ai giovani che non si possono sentire invulnerabili. Sulla base dell’esperienza di altri Paesi, la riapertura delle scuole può comportare un incremento dell’Rt, l’indice di trasmissione, anche se ci sono dati contraddittori e dunque non è scontato».
Dove non è possibile garantire il metro di distanza tra i banchi, siete pronti a derogare?
«No. Abbiamo detto altro: in casi del tutto eccezionali e in forma provvisoria, indossando la mascherina, si può, per qualche settimana, fare lezione senza le distanze. Nel frattempo vanno trovate soluzioni alternative, anche tensostrutture allestite dalla Protezione civile».
Non ci sarà il plexiglas a scuola. Però lo avete proposto per i bus? E avete derogato alla regola del metro di distanza sui mezzi pubblici.
«Altra cosa non vera. Se tra i sedili di un bus o di un pullman si installa un separatore che ferma le droplets, ci si può sedere vicino. Ma dovrà essere di un materiale leggero, flessibile, non in plexiglas che creerebbe problemi di sicurezza. Abbiamo offerto un ventaglio di soluzioni: nelle scuole superiori vanno pensati orari differenti rispetto a quelli degli uffici. I dati sulle ore in cui c’è il picco degli spostamenti sono noti, perché il liceale non può iniziare la lezione in un orario differente da quello dell’impiegato? Come Comitato tecnico scientifico abbiamo indicato il 75 per cento come percentuale massima di riempimento dei mezzi. Se il governo vuole salire a 80 può farlo, è una scelta. Ma ogni volta che si alza l’asticella, ci si prende un rischio. Lo abbiamo visto con le discoteche».
Una parte degli insegnanti rifiuta i test sierologici?
«Io li avrei resi obbligatori, ma è un parere personale. Penso però che i professori, per la stragrande maggioranza, faranno i test. E sarebbe importante, durante l’anno scolastico, in collaborazione con Istat, svolgere una indagine a campione sugli studenti, per capire quanto è diffuso il virus».
Quanto rischia un professore anziano, magari con alcune patologie?
«Non andrà mandato in prima linea, dovranno essere trovate soluzioni alternative, dandogli compiti differenti, come l’insegnamento on line».
Perché la febbre deve essere misurata a casa?
«Bisogna evitare che lo studente esca di casa con la febbre. Anche perché utilizzando un normale termoscanner, non uno di ultima generazione che costa molti soldi, in media si impiegano 5 secondi per misurare la temperature di ogni ragazzo che entra a scuola: in un istituto con mille iscritti, si impiegherebbero 83 minuti, con code e assembramenti».

Factory della Comunicazione

Mauro Evangelisti (Il Mattino)

 

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