Mastiffs: maxi sconto al pentito “Genny la carogna”

0

Ha trattato la resa subito dopo la condanna in primo grado e, a conti fatti, sembra che gli sia convenuto. Dopo aver incassato una sentenza di condanna a venti anni di reclusione, Gennaro De Tommaso ieri ha ottenuto uno sconto vistoso in appello, portando a casa una pena a «soli» sette anni di reclusione. Uno sconto di 13 anni. Un trattamento dovuto al beneficio concesso dallo Stato a chi accetta di collaborare con la giustizia, di rompere i rapporti con l’ex retroterra criminale, per poi fornire un contributo alle indagini della Dda di Napoli. Così ha fatto Genny De Tommaso, al secolo Genny la Carogna, che ieri ha potuto constatare con mano la conseguenza della propria scelta collaborativa. Aula 315, quarta Corte di appello del Tribunale di Napoli, presidente Toscano, c’è il verdetto bis a carico di presunti narcotrafficanti, che avrebbero riempito la città di droga proveniente dai Paesi bassi. Tra questi c’è l’ex capo dei Mastiffs, zoccolo duro della tifoseria azzurra, per altro diventato famoso anche su scala nazionale per quanto avvenne nel corso di una finale di coppa Italia vinta dal Napoli contro la Fiorentina. Ricordate cosa accadde in quell’occasione? Maggio 2014, prima del match all’Olimpico, viene ucciso il tifoso azzurro Ciro Esposito per mano di un sostenitore giallorosso. All’Olimpico, al cospetto delle massime cariche istituzionali (tra cui il premier Renzi e il capo dello Stato Napolitano), la curva dei napoletani non voleva far disputare il match. Oltre all’incidente istituzionale in diretta, si rischiavano scontri, l’ordine pubblico era decisamente a rischio, quando finalmente intervenne lui, il capo dei Mastini. Scena impietosa: Genny De Tommaso (con tanto di maglietta in favore di Speziale, assassino del poliziotto Raciti) a cavalcioni sulla ringhiera dell’Olimpico, che tratta con la delegazione di forze dell’ordine rappresentata dal capitano del Napoli Marek Hamsik. Sei anni dopo, lo scenario è decisamente cambiato, proprio nel corso del processo che ha provocato la decisione di De Tommaso di collaborare con lo Stato. Finito agli arresti per traffico di sostanze stupefacenti, al termine delle indagini del pm anticamorra Francesco De Falco, De Tommaso viene condannato a venti anni di reclusione. Viene indicato come uno dei reggenti di una trama criminale capace di inondare Napoli di cocaina. Venti anni, un verdetto per molti versi esemplare, che fiacca la resistenza dell’uomo della trattativa, del mastino della curva, incapace di tollerare una detenzione così lunga. Il capoultrà crolla, si arrende e tratta la resa. E ieri ottiene uno sconto non da poco, con ben 13 anni in meno rispetto alla prima condanna. Segno dell’attendibilità delle sue dichiarazioni, della coerenza del suo ruolo di pentito, della affidabilità delle accuse messe agli atti. È evidente che c’è ancora molto che non è stato sfruttato, che ci sono ancora accuse che non sono emerse nel corso di inchieste rimaste per il momento sotto traccia. C’è un mondo di contatti, di legami, di affari e interessi criminali su cui Genny la carogna potrebbe aver fornito la sua versione, offrendola al vaglio della magistratura.

Factory della Comunicazione

LE ALTRE CONDANNE

Intanto, ieri pomeriggio la corte di appello ha confermato alcune condanne anche per i presunti ex soci in affari di De Tommaso: cinque anni e un mese per Alessandro Caldiero; quattro anni e nove mesi per Gennaro Cocozza; cinque anni e cinque mesi per Marco Contardo; due anni per Giuseppe Conte; un anno per Mario Cossentino; quattro anni e nove mesi per Pasquale D’Amore; 12 anni per Gaetano De Tommaso; nove anni per Mariano Esposito; cinque anni e quattro mesi per Vincenzo Gravina; quattro anni e cinque mesi per Francesco Guarino; nove anni e nove mesi per Francesco Liccardi; nove anni per Lucio Migliaccio; 19 anni e 10 mesi per Giovanni Orabona; quattro anni e nove mesi per Salvatore Scialò; cinque anni e cinque mesi per Guido Sorge. Lette le motivazioni, i vari imputati (difesi tra gli altri dai penalisti Domenico Dello Iacono, Carlo Fabozzo, Enrico Frojo e Leopoldo Perone, Giuseppe Riccciulli), potranno ricorrere in Cassazione, mentre è probabile che l’ex boss si dica soddisfatto dello sconto incassato ieri in appello. Leandro del Gaudio – Fonte: Il Mattino

Potrebbe piacerti anche
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.