Dallo Spallanzani, Vaia: «Il virus? Serviva un ritiro di 14 giorni per le squadre»

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Francesco Vaia:

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«La decisione sbagliata è stata presa a monte: per far in modo che il campionato potesse completarsi senza problemi c’era la necessità di un ritiro di due-tre settimane».

Non è uno che le manda a dire il professor Vaia, un’eccellenza napoletana, direttore sanitario dello Spallanzani di Roma nonché membro della commissione medica della Figc. Il protocollo attuale non lascia margini: quarantena di due settimane, se c’è un calciatore positivo, con un rischio enorme di far saltare la stagione.

«Oggi si dispone che tutti quelli che sono contatti diretti del positivo devono esser messi sotto quarantena. Si mette, così, in discussione, la partecipazione di quella squadra al campionato ed è questo il vero problema irrisolto».

Cosa si può chiedere al Cts e al governo per scongiurare questo rischio? «Ho sempre pensato che la soluzione del ritiro prolungato potesse creare le condizioni della negatività del “gruppo squadra”, mettendo la strada in discesa per la chiusura della stagione. Non aver accettato questo ha determinato il quadro attuale. Adesso il “contact tracing”, il monitoraggio attento e costante con siero prevalenza e tamponi, accompagnato da una discesa della curva epidemica, può essere un’opportunità e contemperare l’esigenza assolutamente prioritaria della tutela della salute con il buon senso».

E se dovesse, comunque, riscontrarsi un contagiato? «Una possibilità c’è, sebbene la curva dei contagi stia calando. In questi casi, allora, si potrebbe agire come per gli altri soggetti socialmente rilevanti: le forze dell’ordine, il personale medico e così via. Se troviamo un positivo, facciamo un percorso di “contact tracing” assolutamente stringente, facciamo il monitoraggio di tutti coloro che sono stati a contatto con lui e potrebbe non esserci bisogno di una quarantena se mettiamo sotto osservazione immediata questi contatti. Ma c’è un problema importante».

Quale? «Si è detto che potremmo risolvere la questione con i test salivari: purtroppo servono a poco, visto il tempo di incubazione del virus che resta di quattordici giorni e in alcuni casi può andare anche oltre. Saremmo, comunque, costretti a tenere il “gruppo-squadra” in quarantena. Purtroppo, se avessimo messo a monte in ritiro un gruppo di ragazzi giovani, quindi con poca propensione ad ammalarsi di Covid, e avessimo unito a loro anche le famiglie, oggi sarebbe stato più semplice. Bisogna mettere il Cts in condizione di decidere con serenità offrendo concrete proposte. Sono certo che si riuscirà a trovare la giusta via». Marco Giordano (Il Mattino)

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