NAPOLI – Chissà se realmente cambierà qualcosa. Se sarà diverso il Mondo e quindi gli uomini. Non sappiamo quando si tornerà a vivere dentro una normalità e cosa poi diventi la quotidianità. Se un’esistenza simile a quella precedente o se completamente alterata. Ma sappiamo cosa eravamo, come eravamo, cosa era il calcio un mese e mezzo fa, prima che il destino catapultasse dentro questa enorme bolla soffocante. E in quell’universo, gioioso o anche fintamente allegro, il Napoli ci ha costruito la propria macro-economia, sintetizzata in modi spicci dentro a un termine, il Progetto, e solennemente applicata nel tempo, i quindici anni dell’era De Laurentiis, con una filosofia.
Fino a gennaio scorso, anche un po’ dopo, c’era un calcio con valori indefiniti e mutevoli. Però tra Allan, Koulibaly, Milik e Fabian Ruiz era possibile persino scorgere il tesoro di Napoli, trecento milioni di euro – piu o meno – appoggiati lì sull’erba, consapevoli che qualcosa poi sarebbe accaduta. E non erano conteggi fantasiosi o ottimistici, tutto certificato da constatazioni più o meno recenti. I 108 milioni di sterline offerti per Koulibaly, i 60 presentati appena un anno prima dal Psg, la «consistenza» tecnica di Fabian (elegantemente sottolineata dai corteggiatori, Real e Barca per cominciare) e la solidità di Milik, bomber nonostante tutto quello che gli è capitato.
A quell’epoca, giocando (pure con l’involuzione del K2), sul tavolo d’un mercato da spalancare c’era un forziere di proporzioni enormi, che Cristiano Giuntoli ha rinchiuso a modo suo: «Certo, sara? diverso il prossimo mercato. Ma per i campioni non si faranno sconti». I quattro moschettieri di Napoli sono costati, complessivamente, 85 milioni di euro. E a gennaio, e mica a naso, il loro «appeal» risultava quadruplicato. Non sappiamo cosa succederà, quando si uscirà dalla quarantena, nè come il calcio riempirà il suo mondo: però dicono che l’oro non perda valore. Fonte: CdS