Gianluca Savoldi: “Una cosa è certa, il calcio si è fermato tardi”

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Gianluca Savoldi è stato, come suo padre Beppe, attaccante del Napoli. Oggi vive a Como, ma la sua città resta Bergamo. E’ uno dei più accaniti tifosi dell’Atalanta, era anche al Meazza in occasione della gara contro il Valencia, quella che per molti è considerata la partita zero per la diffusione del virus…
«Con il senno di poi è facile che sia stato così, ma mi sento di dire che è una fake news».
Perché? «Quando si è giocata la gara, infatti, non c’era stato ancora alcun caso di persone positive al Coronavirus in Italia. Il primo caso in Lombardia è stato registrato il 20, mentre la partita di San Siro si è giocata il giorno prima. Nessuno sapeva che il Virus era in Italia. È molto probabile che quell’occasione sia stata fonte di contagi, ma era impossibile prevederlo e sarebbe stato impossibile disporre la gara a porte chiuse».
Ma non solo. «Qualche giorno prima si è giocata anche Atalanta-Roma a Bergamo e quello potrebbe essere stato un altro potenziale focolaio, ma era impossibile prevederlo».
Lei è molto attivo sui social in questi giorni: cerca di trasmettere molti messaggi positivi alla popolazione, si sente un simbolo? «Un simbolo forse è eccessivo, ma certamente ho un bel seguito sui social e allora ho pensato di diventare un promotore di informazioni utili».
Del tipo? «Innanzitutto cerco di dare un abbraccio a tutti i miei concittadini e agli amici che ho a Bergamo. Scrivendo mi sento più vicino a loro visto che in tanti siamo impossibilitati a fare qualcosa di concreto».
Ha invece amici che sono impegnati in prima linea? «Molti tra medici e infermieri lavorano notte e giorno e mi raccontano del dramma che stanno vivendo in prima persona. Per me è come se stessero in guerra. Ma non solo».
Ovvero? «Non conto più le foto che amici ed amiche pubblicano sui propri profili social con le quali salutano i parenti che il virus si è portato via. Conosco tante persone che stanno vivendo veri e propri drammi familiari».
Deve essere molto dura. «Ci sono famiglie che vedono uscire di casa i propri cari in ambulanza e poi dopo qualche giorno gli viene comunicato il decesso senza nemmeno avere la possibilità di un ultimo saluto, perché le salme vengono smistate fuori regione. Anche io ho uno zio in ospedale da 13 giorni e spero che si riprenda presto: non ci dormo la notte».
Insomma, il dramma è di portata generale. «Basti pensare che a fino all’anno scorso a Bergamo morivano dalle 3 alle 6 persone al giorno, ora ne muoiono 60».
Che iniziative ci sono in città? «Molto bella quella portata avanti dai ragazzi della curva dell’Atalanta che hanno organizzato un gruppo di imbianchini per dare una mano all’allestimento dell’ospedale da campo che sorgerà nell’arco di una settimana e che è seguito dagli alpini»
Anche i tifosi del Brescia hanno dato il loro contributo di solidarietà. «In questo momento è caduta ogni tipo di rivalità sportiva perché siamo vicini in un dolore comune».
A proposito di calcio: ha sentito qualche giocatore? «La situazione è drammatica per tutti. Anche nella testa dei giocatori c’è grande preoccupazione. E ora come ora farebbero fatica a tornare in campo. Una cosa è certa, il calcio si è fermato tardi». 

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Fonte: Il Mattino

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