Totonno il mare ed il sole ce li ha, che deve fare? – di G. Calabrese

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Totonno sta disteso al sole a Via Caracciolo, su uno dei muretti che costeggiano il lungomare. Totonno il mare ed il sole ce li ha, che deve fare? Ha appena finito di mangiare la marenna con le polpette annegate nella salsa che sua moglie gli ha preparato stamattina. E’ lunedì, la marenna è “piena” di avanzi domenicali. Lui la adora. Ha ancora una mezz’oretta prima di tornare al cantiere, vuole godersela sdraiato al sole. Via Caracciolo, il sole ed il mare, Totonno ce li ha, che deve fare? Si è svegliato come sempre alle sei, per essere a lavoro preciso alle sette, ma oggi è stanco perchè non ha per niente dormito. Totonno ripensa alla faccia della donna che, verso le 22,30 della sera precedente, ha bussato alla sua porta. L’aveva vista un paio di volte in ascensore, non di più.

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La sua famiglia si era trasferita a Napoli da circa sei mesi, suo marito gestiva la filiale partenopea di una grossa azienda con sede a Milano. Padre, madre ed un figlio, 15 anni circa. Muto, occhialuto e con la testa nelle spalle. Totonno, invece, di figli ne teneva tre. Due diavoli scatenati e una principessa, la più piccola, la gioia di papà suo. Si era tolto il pigiama e vestito in fretta, Totonno, quando la donna, sconvolta, gli aveva chiesto aiuto perché il marito non si sentiva bene. Sua moglie lo aveva travolto con il suo fa ambressa, muovete!” non ricordava quante volte.

Il figlio maggiore, 16 anni, quel fetentone, gli aveva fatto trovare la macchina già accesa, mentre la moglie e l’altro figlio aiutavano il milanese a salire sull’automobile. Pallido, vitreo, quasi cianotico e con una mano inchiodata sul petto.Chisto è ‘n infarto” aveva pensato Totonno, mentre correva all’ospedale, fregandosene della segnaletica stradale. Lui lo sapeva riconoscere, era capitato a Rafele ‘o guardaporta due anni prima…Distese meglio le gambe sul muretto e si sbottonò un po’ la tuta da lavoro sul collo. Faceva caldo, eppure era solo marzo. Totonno, il mare ed il sole ce li ha…che deve fare?

Al Pronto Soccorso, come al solito, non c’erano sedie a rotelle, ma un infermiere, con l’aiuto di un inserviente, lo aiutarono a trasportare l’uomo all’interno dell’ ospedale,  portandolo in braccio. Correvano, i medici, gli infermieri andavano e venivano, dicevano poco e niente. Totonno pregava, eppure a quello manco lo conosceva. Nel palazzo si diceva che si lamentava sempre, una volta perché l’ascensore era occupata, un’altra perché la gente, a volte, parlava sui pianerottoli, etc etc.

Usciva di casa solo per andare a lavoro, insieme alla moglie che lavorava con lui. Si serviva delle metropolitane, ma era sconvolto dal fatto che ne passasse una ogni dieci minuti…Sua moglie, Titina, gli aveva raccontato che, un mesetto prima, lei aveva finito il pane grattugiato e voleva fare le cotolette, ma le facevano male le gambe a causa delle vene varicose che la tormentavano e, per non uscire di casa, aveva mandato Annarella a chiedere se, per caso, “la signora milanese” ne avesse.

La bambina era tornata dicendo che la signora si era arrabbiata, dicendole che la sua casa non era mica un supermercato. Quella sera Totonno aveva mangiato le scaloppine. Verso le 3.00 i medici avevano dichiarato l’uomo fuori pericolo. Brutto infarto del miocardio, vivo per miracolo e grazie alla rapidità dei soccorsi. Totonno scoprì in quel momento che l’uomo si chiamava Ottavio. Voleva ringraziarlo, pagargli lo scomodo…”Lo scomodo?” aveva detto Totonno una volta tornato a casa a notte fonda. Cos’era lo scomodo? “Lo scomodo è il disturbo aveva sentenziato sua moglie, mi fai sempre fare brutte figure!

Avevano scambiato giusto due parole lui ed Ottavio quella notte. Non si faceva capace di come gli fosse potuto succedere, lui era preciso, mangiava sano, non fumava, faceva esercizio fisico, usava poco l’auto, il colesterolo sempre sotto controllo...e aveva voglia, Totonno, a dirgli che a volte le cose capitano, non è colpa di nessuno, niente. Non se ne faceva capace. La colpa doveva per forza essere di qualcuno. E voleva per forza pagargli quel maledetto scomodo. “Voi state scherzando, Ottà, pensate alla salute, ma veramente…Casa mia è aperta, quello che è mio, è vostro...solo, se pregate, qualche volta, ricordatevi di me“. Totonno si alzò dal muretto e mise seduto, doveva ritornare al cantiere. Certo, era già abbronzatissimo. Ma il sole ed il mare lui ce li aveva, che doveva fare?

a cura di Gabriella Calabrese

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