Gennaro Gattuso: “So perfettamente che non mi sto comportando da aziendalista”

Il tecnico del Napoli: "Guai a pensare di essere come Bred Pit"

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Rino Gattuso non ha ancora smesso di circumnavigare nei pensieri di una squadra che va ad ondate, gigantesca con le grandi e invisibile con le piccole, e il san Paolo, ma chi l’avrebbe detto?, sa tanto di ambientazione d’un film: «Noi non dobbiamo pensare di essere belli come Brad Pitt». La scelta di vita, nel suo piccolo, è stata fatta: basta essere anche un po’ brutti, sporchi e semmai anche cattivi, già con il Torino, uscire dagli equivoci contenuti in un messaggio che sembra subliminale e invece è direttissimo («ci sono passato anche io da calciatore, ogni tanto non firmavo il rinnovo, mi arrabbiavo perché arrivava gente che guadagnava più di me»). E per evadere dagli schemi, dal tridente o da qualcosa che vagamente gli somiglia, è semplicemente una questione di testa o magari anche di cuore.  

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Il San Paolo è tormento ed estasi, solo 14 punti su 36. E Gattuso cosa s’inventerà adesso?
«Non so cosa fare, sul serio. In casa non abbiamo fatto il massimo e mi chiedo spesso il perché: qualche partita l’ho persa io, e l’ho ammesso, però ora bisogna continuare a fare ciò che abbiamo dimostrato di aver imparato». 

Però dal Lecce, ultima apparizione e anche ultima sconfitta, siete cambiati, almeno nella organizzazione difensiva.  «Ma non abbiamo ancora sistemato tutto ciò che c’è da correggere. Io penso che, tatticamente, la coperta sia corta, semplicemente perché non siamo in grado di decidere cosa fare, se alzarci una decina di metri oppure no». 

Dovete migliorare nella fase offensiva, trovare soluzioni per riempire l’area e costruire meglio. 
«Ma sapere che lassù si arriva con calma, dopo 10-15 tocchi. Ed essere bravi con i centrocampisti. C’è una linea-guida, seguiamola, senza però pensare di essere biondi e belli come Brad Pitt». 

Con Milik e senza Mertens cosa cambia contro il Torino? «Mertens è con noi, vediamo; e Milik è giocatore di contenuti altissimi, con classe immensa, che può darci una mano, perché sa legare il gioco. Non ci sarebbe differenze sostanziali, per me».

La risposta con il Torino dà un peso al futuro.  «E’ fondamentale per sapere se siamo guariti. Serve una prestazione tecnica e anche caratteriale». 

Un allenatore è anche uomo-azienda e tra panchina e tribuna, recentemente, è finito un bel po’ di capitale umano ed economico.  «Sto facendo delle scelte e quindi, come aziendalista, non mi sto comportando benissimo. Ma devo puntare su chi è più funzionale. Io so che Meret e Lozano, per fare due nomi, sono fortissimi, ma adesso ho bisogno di altro. El chucky può fare l’attaccante esterno, certo che sì, ma poi mi garantirebbe le coperture che servono?». 

Lei invoca la soglia dei 40. «E dopo questa gara potrò rispondere a ogni curiosità sulle nostre prospettive. Ma io so, e anche i calciatori sanno, quello che abbiamo vissuto, l’angoscia e la tristezza con Parma, Fiorentina, Lecce, quando pareva non avessimo sangue».

Non manca poi tanto alla fine della stagione e del suo futuro bisogna parlare: le piacerebbe ripartire dal ritiro?  «Certo che sì e anche tanto. Ho un contratto fino al 2021 con una via d’uscita per me fissata al 30 aprile e quella della società che è prevista un mese dopo. Sto molto bene qua, ho riscontrato grande professionalità, umanamente c’è tanto nel club. Ma ora ho il dovere di concentrarmi sul campo, non sul contratto. Parlerò con De Laurentiis quando sarà il momento giusto».

Insigne, Callejon, Mertens, ora anche Allan, presto Koulibaly: questo ciclo non è ancora finito? 
«La vecchia guardia mi sta dando tanto, così come anche la nuova. Io durante la settimana ho sensazioni positive e poi mica è facile andare a prendere in giro giocatori più forti di questi che avranno raccolto quattro-cinquecento punti negli ultimi sette anni». 

 

 

 

 

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