Prima di Provedel già Rampulla sdoganò il gol del portiere

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La storia di Provedel non sembra poi così distante da quella di Michelangelo Ramapulla, che grazie a quel gol segnato con la maglia della Cremonese nel 1992 ha inaugurato la scuola dei portieri goleador. «Non era la prima volta che ci provavo», racconta Rampulla, che dopo l’esperienza in Cina si è trasferito a Paestum. «Da ragazzino ero attaccante e anche quando poi sono diventato portiere, almeno una volta a settimana giocavo da centravanti negli allenamenti».

Se Provedel in porta ci è voluto andare da sempre, però, Rampulla lo ha fatto per assecondare una vocazione familiare. «A mio padre piacevano i portieri e mi sono fatto spingere da lui. Al primo raduno dei giovanissimi della squadra del mio paese in serie D l’allenatore mi voleva far giocare in avanti ma dissi che mio padre mi voleva tra i pali. Provai, andò bene e da lì è iniziata la mia carriera».

Dalla Cremonese alla Juventus, dove pure la sua vocazione per l’attacco è rimasta tale. «Anche lì le partitine le facevo in attacco perché ero bravino con i piedi». Non male, perché oggi i portieri che giocano la palla con i piedi vanno di moda «Sono stato fortunato perché quando sono arrivato a Varese l’allenatore era Fascetti. E ci teneva a fare un gioco che all’epoca era già moderno e facevo il libero aggiunto».

Però fare gol è un’altra cosa. «Pochi dubbi. Segnare quella volta è stato il massimo, un’emozione unica. Posso dire senza problemi che sia anche più bella di una grande parata. Vado oltre: anche di più di un rigore parato. Perché il gol è l’essenza del calcio. In questo sport si vive di gol: è la cosa principale».

E infatti oramai se ne vedono tanti di portieri che si lanciano a cercare gloria in avanti. «Succede sempre all’ultimo minuto e c’è tanta gente in area, quindi anche tanti contatti e falli di confusione. L’arbitro per lavarsene le mani spesso fischia fallo in attacco e l’arrivo del portiere diventa inutile».

La festa per quella rete realizzata nel 1992 contro l’Atalanta è rimasta nella storia della Cremonese e non solo. «Peccato che poi alla fine del campionato non riuscimmo a salvarci. Ma ricordo che festeggiammo per una settimana intera. Praticamente ogni giorno mi toccava portare pasticcini e rustici nello spogliatoio. Ma andava bene così». Fonte: Il Mattino

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