L’ex azzurro Edy Reja: “Gli albanesi credono in noi più di noi stessi”

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Edy Reja, 74 anni, ct dell’Albania. Ha rinnovato il contratto fino al 2022. Un uomo di calcio che non smette di esserlo. Il Cds lo ha contattato telefonicamente. «Sono reduce dal volo Tirana-Roma, poi Trieste e da lì a Gorizia, a casa mia: una tirata, ma sono soddisfatto, questa avventura in Albania mi dà grande entusiasmo»

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Reja, c’è sempre un fuoco acceso, vero? «C’è la voglia di fare questo mestiere. Di conoscere, di imparare, di mettere in gioco la mia esperienza. Questa è una sfida bellissima: c’è un progetto forte, che non riguarda solo la parte tecnica della Nazionale, ma mi vedrà coinvolto – con il mio staff – anche nella supervisione di tutto il movimento calcistico albanese. E’ un punto di partenza stimolante e carico di belle premesse».
A occhio e croce è l’allenatore – la prendo larga – meno giovane del pianeta. (Ride): «Dica pure vecchio, l’età è un sentimento, è qualcosa che senti tu, l’anagrafe conta relativamente, dipende da come stai. E comunque, se sono il ct più anziano in circolazione, mi fa pure piacere».
Nel 2022 avrà 77 anni. «Intanto cominciamo questo nuovo percorso, poi vedremo, c’è tempo per tutto».
Come, vedremo? «Il 2022 è molto in là. E più in là ancora c’è il 2024, l’Europeo, quello è il vero obiettivo della Nazionale. A me interessa costruire un percorso solido, sento molto questa responsabilità».
Ha saltato a piè pari il Mondiale 2022 in Qatar. «Ci sono 13 posti a disposizione per l’Uefa, noi faremo di tutto e lotteremo con le nostre forze, ma in questo momento partiamo un po’ indietro rispetto ad altre Nazionali. Però non ragioniamo per traguardi, stiamo costruendo qualcosa di nuovo e questo solo conta»,
Lei è stato nominato ct ad aprile. C’era in ballo la qualificazione a Euro 2020. Non ce l’avete fatta. Vi ha lasciato qualche scoria? «Ci abbiamo provato, ma la Francia è più forte di noi e con la Turchia abbiamo preso gol al 90º. Peccato, ma la situazione non era semplice, abbiamo sempre giocato buone partite. Ci è servito per fare esperienza».
Cosa e quanto c’è da fare in Albania? «La parte tecnico-tattica è già a buon punto, sono soddisfatto perché avrò modo di consigliare e parlare anche con i tecnici delle Nazionali giovanili, sono tutti albanesi e sono molto in gamba. Io proverò a dare un indirizzo comune, lavorerò per creare un territorio condiviso dove ci si possa confrontare: in questo senso il lavoro di Gianni De Biasi è stato molto importante».
Ci sono strutture adeguate? «Ce ne sono alcune già pronte, ma c’è ancora da lavorare. Il fiore all’occhiello è sicuramente l’Air Albania Stadium, che è stato inaugurato una settimana fa. E’ un gioiello da 22.000 posti, un impianto all’avanguardia, tra l’altro progettato da un italiano (l’architetto Marco Casamonti dello studio Archea, ndr), può ricordare l’Allianz Stadium della Juventus, c’è un’acustica fantastica. Ora stanno finendo anche il centro federale, insomma, si lavora sodo: sa, il calcio in Albania è sempre più seguito, c’è molto entusiasmo».
Lo zoccolo duro della Nazionale sarà formato da calciatori che giocano in Italia. Ci sarà un confronto continuo con loro? «Certo, dovranno tutti darmi una mano per far crescere il gruppo. Ci conto molto. Dai due portieri, Berisha e Strakosha, da Hysaj a Djimsiti, fino a Veseli, Dermaku e Memushaj, sono tutti ragazzi che hanno già parecchia esperienza. Adesso conto molto su giovani come Ndoj del Brescia e Kumbulla, che a Verona ha avuto un grande impatto. Ma non ci sono solo loro, il nostro lavoro andrà anche in un’altra direzione: in Serie C e nei Dilettanti giocano tantissimi ragazzi albanesi, soprattutto nella Pianura Padana, sono giovani, talentuosi, sconosciuti. Il nostro compito sarà quello di scovarli, dargli un’occasione, arricchire il movimento albanese».
Come sta vivendo la sua esperienza in Albania? «Molto bene, è un paese vivo, abitato da gente che ha molta considerazione di noi italiani. Mi verrebbe da dire che gli albanesi credono più in noi di quanto noi crediamo in noi stessi».
Da ct italiano che allena una selezione straniera, come considera il percorso della Nazionale di Mancini? «C’è una generazione di giocatori dai 20 ai 23-24 anni di grande qualità, questo dà a tutti noi grande fiducia nel futuro. Abbiamo vissuto di recente un periodo buio, l’Italia ora ha riportato la luce». 

Fonte: CdS

 

 

 

 

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