G. Zola: “Il filo tra squadra e la città di Napoli deve tornare ad annodarsi”

L'ex calciatore di Napoli, Parma, Cagliari e Chelsea ai microfoni del CdS

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Gianfranco Zola, la chiacchierata ai microfoni del CdS con l’idolo della tifoseria del Chelsea, che per alcuni mesi ha azzerato le interviste, abbiamo parlato delle sue ex squadre, dal Cagliari alle stelle al Napoli nella polvere, ma anche di allenatori, giovani talenti, bel gioco, Var e razzismo.

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Zola, da Londra quanto calcio italiano guarda? «Tanto, molto di più rispetto al passato, perché mi sembra che ci siano sempre più squadre che giocano bene. Ho notato uno “shift”, un cambio: le formazioni di Serie A cercano più il gioco rispetto a prima e di conseguenza, con partite più belle ed aperte, il campionato è diventato più interessante».

Chi vincerà lo scudetto? «Domanda da un miliardo di euro, anche se la corsa è ristretta a Juventus e Inter. Ci sono squadre che stanno facendo molto bene come la Roma, il Cagliari, l’Atalanta e la Lazio, ma se la giocheranno i bianconeri e i nerazzurri».

Non penserà mica di cavarsela così? La sua favorita è… «La Juventus ha un vantaggio dato da una rosa eccezionale. E quando hai ricambi così di qualità, alla lunga…».

L’Inter però non molla niente ed è a -1 dalla vetta. «Nelle prime 12 giornate l’Inter ha fatto grandi cose ed è cresciuta tantissimo rispetto al passato, ma forse a livello di alternative qualcosa le manca».

Nella Juventus si vede la mano di Sarri? «Sarri è un allenatore bravo e i risutati che sta ottenendo lo confermano».

Cosa ha portato al calcio italiano il ritorno di Conte? «Antonio appartiene a quella categoria di allenatori che cambiano le squadre in meglio. All’Inter ha dato tanto dal punto di vista fisico, dei risultati e della caparbietà. Le squadre di Conte hanno tutte questo marchio di fabbrica».

Marotta in estate lo ha definito “un top player”. «In Inghilterra quelli come Conte li chiamano “game changer” ovvero uno che cambia la partita. Tanti anni fa qualcuno sosteneva che l’allenatore più bravo era quello che faceva meno danni, ma adesso che il calcio si è livellato verso l’alto e che i giocatori più bravi sono complicatissimi da acquistare perché costano cifre pazzesche, i tecnici possono permetterti di fare il vero salto di qualità valorizzando al massimo le risorse che si hanno a disposizione».

Anche Fonseca a Roma si sta dimostrando un grande “valorizzatore” di risorse. «Lui può essere una sorpresa solo per chi non lo conosceva, non per me che l’ho studiato quando lavorava allo Shakhtar. Mi avevano parlato bene di lui e non si sbagliavano: mi piace come fa giocare la squadra e la sua presenza in Serie A è positiva perché a lui piace il bel calcio. È uno che va alla ricerca del risultato attraverso il gioco. È questa la mentalità giusta».

Con Fonseca è definitivamente esploso anche il talento di Zaniolo. «Nel 4-3-3 Zaniolo è il perfetto esterno destro che rientra sul sinistro per concludere o servire l’assist. Questo ruolo gli calza a pennello: all’inizio dell’anno commetteva troppi errori nell’ultima giocata, ma mi sembra che sia cresciuto parecchio e se migliorerà qualche altro aspetto, ha le qualità per diventare uno migliori in circolazione».

E poi c’è il Cagliari. Anzi, il suo Cagliari, terzo in classifica. «Sono molto contento di vederlo lassù perché sono sardo, perché ho giocato lì, ma anche perché la società merita questi risultati per la politica che ha fatto. Giulini da anni ha messo in pratica iniziative non solo per la squadra, ma anche per la gente: il museo, il nuovo stadio accanto al Sant’Elia in fase di ristrutturazione e tanto altro. Finora gli mancavano i risultati sul campo e adesso stanno arrivando anche quelli. Il terzo posto è un premio per il club, la Sardegna e tutta la sua gente».

Nella stagione del centesimo compleanno del Cagliari e a 50 anni dalla conquista dello scudetto di Riva, la qualificazione alla Champions cosa sarebbe? «La ciliegina sulla torta. Non sarà semplice perché i competitor sono molto forti, ma per quello che si è visto finora è lecito coltivare questa speranza. Il Cagliari non è una meteora, ma una realtà concreta: ha uno dei migliori centrocampo del campionato e quando nello spogliatoio puoi contare su Nainggolan che dà carisma e personalità, hai la certezza che gli altri cresceranno bene. In più c’è Maran: sentivo dire che era bravo nel dare un’organizzazione difensiva e una struttura molto solida alla squadra, ma a me sembra che questo Cagliari sia parecchio migliorato anche sotto il profilo del gioco. Permettetevi solo un inciso per fare gli auguri a Gigi Riva per i suoi 75 anni: auguri di cuore» 

Un boom pazzesco dopo l’addio estivo del gioiello Barella. Come se lo spiega? «Il Cagliari ha perso un grande giocatore come Nicolò che sta dimostrando quello che vale all’Inter e che grazie a Conte diventerà un top player a livello europeo, ma sul mercato Giulini e i suoi uomini si sono mossi bene comprando gente di grande valore come Rog, Nainggolan, Simeone e Nandez. Certi risultati non sono frutti del caso».

Sarri, Conte, Fonseca, Maran, ma in Serie A anche Gasperini e Inzaghi stanno facendo grandi cose. «Gasperini e Inzaghi sono diversi tra di loro e a me piace la diversità. Soprattutto nel calcio che non si gioca in un solo modo. Due tecnici come loro arricchiscono il campionato e vincono divertendo».

Nella corsa scudetto manca il Napoli, contestato dalla sua gente per i risultati deludenti. «Mi dispiace per questa situazione che si è creata perché ritengo che il Napoli sia fortissimo e giochi anche bene. Vedere che ci sono malumori non mi fa piacere. Mi consola il fatto che Ancelotti sia la persona più adatta a gestire questo tipo di situazioni: è un allenatore di spessore e carisma. Se viene aiutato e supportato, ne verrà fuori».

Ammetterà che la contestazione della tifoseria ai giocatori è stata pesante come il clima che si respira in città. «Dispiace perché a Napoli i calciatori sono considerati i paladini di una città e di una regione. Quando non c’è armonia chi come me ha vissuto la città in momenti migliori sa quello che possono provare i giocatori adesso. Da fuori è difficile dire se sia colpa di questo o di quell’altro, ma spero che il buon senso abbia la meglio. Quel filo che da sempre lega la squadra alla città, e viceversa, va riannodato con i risultati».

A parte Zaniolo e Barella, chi sono gli altri giovani da seguire?
«Anche Sensi e Tonali sono bravi, ma a me quello potenzialmente più pronto per grandissimi palcoscenici sembra Chiesa. Tra qualche anno, quando avrà più varietà di giocate, sarà ancora più devastante».

Tutti questi talenti se li gode Mancini, arrivato con la Nazionale a 10 vittorie di fila. «Insieme al Belgio siamo gli unici che hanno ottenuto 9 successi su 9. Mi sembrano risultati straordinari che esaltano il lavoro di Roberto, al quale bisogna fare tanti complimenti. Ha scelto una linea giusta, quella di puntare sui giovani e sulla valorizzazione del gioco, e sta riscuotendo i risultati. Sono molto contento per lui, anche se ammetto che sta andando oltre le mie più rosee aspettative».

Questa Italia può fare un grande Europeo?
«All’Europeo il livello è diverso rispetto alle qualificazioni. Presentarsi con la squadra giovane è importante perché i giovani sentono meno le pressioni e possono sorprendere tutti, ma non saremo certo i favoriti. Ora però non pensiamo all’Europeo, dove a volte i risultati dipendono anche da fortuna, stato di forma in quelle 3 settimane e fattori esterni, ma godiamoci questa Nazionale ritrovata».

Chi vincerà la Champions? «Liverpool e City vanno messe in pole e subito dietro la Juventus, il Barcellona e il Psg. Il Real non è al massimo, ma è sempre il Real e quindi mai dimenticarlo».

È davvero convinto che possa essere l’anno della Juventus? «Ad alzare quella Coppa i bianconeri stanno andando vicini da un po’. La squadra è di grande livello, ma in Champions ci sono avversarie fortissime e tutto dipende dal momento di forma che si attraversa da febbraio-marzo in poi e dagli accoppiamenti negli ottavi e nei quarti: pescando l’Ajax i bianconeri lo scorso anno sembravano essere stati baciati dalla dea bendata e invece…».

In Italia il razzismo funesta il nostro calcio, mentre in Inghilterra il problema è meno sentito. Perché? «Si tratta di due Paesi che hanno una storia diversa: l’Inghilterra è da anni cosmopolita, mentre da noi l’integrazione è meno recente. Gli ultimi episodi vanno condannati e la piaga del razzismo è da combattere con durezza, ma senza generalizzare».

Capitolo Var: lei è pro o contro? «Pro Var, ma il problema non è il Var, ma come lo usi. In Inghilterra ci sono stati tocchi di mano in area che l’arbitro non ha visto e che il Var non ha segnalato per non mettere il direttore di gara in difficoltà. Così non va bene: il Var è un ottimo strumento, ma va usato a dovere».

Si consoli: anche in Italia ci sono polemiche sul Var. «Lo so, ma come viene usato in Serie A è me piace. L’importante è fare una scelta: usare il Var o non usarlo. Utilizzarlo a volte sì e a volte no, non è giusto».

In questo momento Klopp è la faccia da copertina del calcio mondiale? «Assolutamente sì. È un altro degli allenatori che cambiano la squadra: è completo, bravo in campo con i giocatori e super con i tifosi. E il suo Liverpool dà spettacolo».

Qual è il futuro di Zola? La vedremo prima o poi su una panchina in Serie A? «Vivo in Inghilterra con la mia famiglia e la priorità è quella di allenare qua, ma sono un professionista e l’Italia è casa mia. Se ci fosse un’opportunità la prenderei in considerazione. Sono un allenatore che lavora in un certo modo e mi piacerebbe andare in una squadra per mettere le fondamenta».

Il ricordo più bello della sua carriera da tecnico qual è? «L’Europa League conquistata lo scorso anno al termine di una stagione con difficoltà e tanti alti e bassi. Per questo alzare quella coppa è stato ancora più bello».

Chiudiamo con un augurio per il suo ex presidente Cellino che con il Brescia non se la passa bene? «La classifica non è il massimo, ma ha fatto una grande cosa conquistando la promozione. È un grande presidente e ha tante risorse: aspettate a darlo per retrocesso…».

 

 

 

 

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