Ricetta di G. Cesari: «Arbitri donne la serie A faccia come la Premier»

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Promossa all’esame Supecoppa a pieni voti. Stéphanie Frappart è stata la 23esima protagonista della finale di Istanbul tra Liverpool e Chelsea. Il primo arbitro donna a dirigere una gara così importante a livelli internazionale nel calcio maschile. Un successo per Stéphanie, ovviamente, ma anche per la Uefa che non ha avuto remore nell’affidarle un incarico tanto delicato. Anche Graziano Cesari, in un’intervista a “il Mattino”, storico fischietto italiano, ha valutato in maniera molto positiva la prestazione della Frappart, con un pizzico di invidia in chiave serie A.

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Insomma, come le è parso l’arbitraggio della finale della Supercoppa europea«Mi è piaciuto molto. Conoscevo già la Frappart perché l’avevo vista all’opera nella finale del Mondiale femminile tra Olanda e Stati Uniti e mi aveva convinto».

Perché? «Innanzi tutto ha una grande personalità e poi ha una grande autorevolezza: è una decisa.E queste sono caratteristiche fondamentali per un arbitro».

Aveva qualche dubbio prima della finale di Istanbul? «L’unica remora che avevo era sulla sua capacità atletica”.

Come farà a seguire i ragazzi che per forza di cose sono molto veloci? E invece ha fatto una grande prestazione. Ha dimostrato lucidità e una intelligenza tattica invidiabile.Mi è piaciuta negli spostamenti e nella capacità di selezionare le zone d’ombra. Tenere quella concentrazione per 120 minuti e oltre non era affatto facile».

Far arbitrare a lei non è stato un azzardo? «Assolutamente no,ma credo sia stata una necessità».

In che senso? «Un derby britannico era il palcoscenico perfetto, perché in Premier il fair-play è sotto gli occhi di tutti.Ci fossero state squadre non britanniche forse non avrebbero fatto questa scelta. Il cacio inglese è più avanti come cultura sportiva. Dal mio punto di vista la presenza di un arbitro donna non ha minimamente condizionato i calciatori, anzi. D’altraparte in Inghilterra ci sono assistenti donna che ogni settimana sono a due passi dagli spettatori e vengono rispettate costantemente».

Parla di modello inglese:ma da noi in Italia? «Abbiamo avuto arbitri donna che hanno fatto anche la serie C, ma il fenomeno dalle nostre parti è meno diffuso. E penso sia un peccato».

Perché? «Penso che possano modificare molto anche l’atteggiamento dei giocatori in campo, perché le donne sono meno irritabili.E infatti mi piacerebbe vederne in campo in un big match di serie A».

Da questo punto di vista la crescita del movimento calcistico femminile può aiutare? «Si tratta di un processo che si accelererà ma ci vorranno ancora degli anni. Adesso non ce ne sono di donne pronte ad arbitrare.Ma credo che possano diventare uno stimolo anche per gli uomini».

Cosa intende? «Se c’è competizione si tende solo a fare tutti meglio. Sarebbe uno spettacolo.E poi oggi col Var è diventato tutto più semplice: il mezzo tecnologico aiuta.Magari l’introduzione delle donne potrebbe iniziare proprio dal Var. L’arbitraggio non è più di tre persone.C’è posto per tutti, soprattutto per le donne».

La Redazione 

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