La storia “magica” dei numeri 9: Careca tirava le bombe!

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E’ stato l’attaccante, probabilmente, per antonomasia. Antonio Careca è stato un numero 9 atto a far sognare e…segnare. Il Mattino scrive:
Carè-Carè-Careca, tira la bomba” è stato l’incoraggiamento che risuonava al “San Paolo” negli anni del brasiliano a fianco di Maradona. Velocissimo e dal tiro secco, tramutava in gol gli assist del pibe. Un giorno Agnelli disse: “Maradona sarà pure l’anima del Napoli, ma per la mia Juve prenderei Careca”. Ha giocato nel Napoli sei campionati. A Natale del 1986, in vacanza a Rio del Janeiro, Ferlaino scoprì Careca nelle partite brasiliane trasmesse in tv e, tramite il procuratore internazionale Rosellini, contattò il giocatore. Poi inviò il vicepresidente Gianni Punzo, in vacanza con lui, a San Paolo per convincere Careca a trasferirsi a Napoli. Due milioni di dollari convinsero il San Paolo e 600 milioni l’anno convinsero il giocatore. Careca arrivò nella stagione 1987-88. Rimase sei anni. Maradona gli aveva detto che c’erano una squadra e una città dove avrebbe potuto segnare il doppio dei gol e guadagnare il triplo. Arrivò nel Napoli a 27 anni, un fisico da indossatore e una passione dichiarata di batterista di samba e di suonatore di “cavacchìn”, uno strumento a quattro corde. Scriveva con la mano sinistra e segnava col piede destro. In casa, aveva un merlo indiano che gli faceva il verso: “Carè, Carè”. Fu il componente del trio MaGiCa (Maradona, Giordano, Careca). Filava a rete sugli assist irresistibili di Diego. Nella partita di Ascoli (1988-89), col Napoli sotto 0-2, Bianchi furente lo richiamò in panchina a dieci minuti dalla fine impiegando al suo posto il portiere di riserva Di Fusco, ulteriore segnale dei malesseri nella squadra azzurra che non voleva più Bianchi. Andava a rete, veloce e dritto, il vento nelle caviglie. Maradona disse: “Con Bagni ho vinto, con Careca mi diverto”. E Careca concluse: “Io sono solo il terzo giocatore del Napoli. Il primo è Maradona, il secondo è ancora Maradona”. Quando finì di giocare disse: “A Napoli non meritano né una grande né una piccola squadra, ma semplicemente una nazionale”.

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