Gianni di Marzio al CdS: “C’è chi vende fumo, l’Italia non deve snaturarsi. I talenti che ho scoperto…”

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Lui, Gianni di Marzio, di talenti ne ha visti, scoperti e consigliati tanti…Per esempio, come dice al CdS:

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«Guarda qui. E dai un’occhiata alle date: 25 ottobre 2002, partita Sporting Lisbona-Belenenses. Ero andato per seguire Quaresma, mi ha fulminato Cristiano Ronaldo: aveva soltanto 17 anni e per due milioni sarebbe potuto andare alla Juve. Ma Moggi mi disse: facciamo l’operazione se, in cambio, i portoghesi prendono Salas. Ci penso io, Jorge Mendes è amico mio».

E Messi? «Messi l’ho visto giocare il 18 gennaio 2005, in Colombia, al mondiale Under 20. Mi è bastato: un fenomeno. Anche lui aveva appena 17 anni e anche lui poteva andare alla Juve. Il papà lo voleva in serie A, se la Juve avesse soltanto insistito di più… Lio, comunque, ha sempre serbato una profonda gratitudine verso il Barça che l’ha curato quando, ragazzino, lasciò l’Argentina e approdò in Catalogna. Ronaldo, Messi: ci avevo visto giusto, eh?».

«Chi sono io? Sono un innamorato della vita». E adesso ancora di più, dopo che Gianluca e la moglie Annamaria l’hanno appena reso nonno dei gemelli Giovanni e Gaia: «Una gioia indescrivibile».

Gianni Di Marzio
Gianni Di Marzio

Gianni Di Marzio, l’uomo che ha scoperto Diego quando non era ancora diventato Maradona. Quest’uomo è un’enciclopedia ambulante del calcio. Anno zero? «Ma quale anno zero. Ma dai, su: i talenti li abbiamo, eccome. Nomi? Se comincio, non finisco più: a me piacciono molto Caldara, Conti che spero torni presto, Barella, Petagna, Cutrone, Gagliardini, Locatelli, Donnarumma, Immobile, Belotti, Zappacosta e attenti ai Millennials: ai 2000, 2001 e 2002. L’importante è mandarli in campo con raziocinio: se hai di fronte dei marcantoni, non ricorri ai traversoni dalle fasce, ma schieri giocatori che sappiano saltare l’uomo. Come Insigne, no?».

«In Italia non dobbiamo snaturarci, difesa ermetica e contropiede: quattro mondiali li abbiamo vinti così. Oggi molti tecnici fanno i soloni, pontificando di ripartenze e verticalizzazioni. Vendono fumo, meriterebbero il Pinocchio d’oro, tante sono le panzane che raccontano. Altri, invece, sono maestri di tattica, come Allegri: va a Napoli, si difende con ordine per 70 minuti e imbriglia Sarri. O come Spalletti: va a Torino e fa giocare l’Inter come la Juve ha giocato al San Paolo»

Chi non vende fumo, Gianni? «Gasperini. A Bergamo sta facendo cose pazzesche. Un aristocratico della panchina che non si stanca di sporcarsi le mani, di lavorare, di insegnare i fondamentali. Io lo facevo con Savoldi al Napoli e avevo soltanto 36 anni quando l’allenavo: sapessi quante volte Beppe calciava e ricalciava contro il muro per migliorare il suo destro. Ed era Savoldi: questo significa essere un vero professionista».

 

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