GdS – La fatica di affermarsi: Insigne talento del calcio solo napoletano?

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La fatica del talento ad affermarsi nel calcio italiano. È questa la chiave che accomuna le due lettere. Una costante storica: siamo pur sempre la Nazionale che negli anni 60 metteva in discussione Rivera, il giocatore italiano più forte di ogni tempo, come Insigne lo è in questo momento. Comincio da Pirlo, esprimendo un giudizio molto distante da quello del signor Dall’Arco: proprio di grandissimo nel suo ruolo si tratta. Eccezionali la sua visione di gioco e la purezza e precisione del calcio di collo. E difendeva tantissimo: sgombriamo il campo da questa post­verità perché correva più di quasi tutti i compagni. Eppure il suo talento stava per essere bruciato dallo schematismo del calcio italiano che tende a schiacciare creatività e fondamentali nel ruolo di trequartista, l’unico in realtà in cui li sopporta. lorenzo-insigne italiaDobbiamo alle intuizioni di Mazzone (si può far giocare insieme Pirlo e Baggio? Risposta: certo che si può), Ancelotti e dello stesso giocatore se abbiamo perso un fantasista qualunque e acquisito un playmaker d’epoca. Ora Insigne viene probabilmente tagliato dalla formazione titolare perché disfunzionale nel 5­3­2 di Ventura. Motivo? Lorenzo non potrebbe coprire tutta la fascia (con il 4­5­1 di Sarri in fase di non possesso lo fa, ma non molti lo vedono). Dunque, in sostanza, le indicazioni del campionato contano poco. Controprova: Bonucci. Un avvio di stagione disastroso non ne mette in discussione la quotazione consolidata in anni precedenti. I c.t. azzurri sono molto più selezionatori che allenatori? Può darsi, ma selezionano solo chi è coerente con la loro idea di calcio. Lo vedo fare da tutti i tecnici del mondo. Uno dei luoghi comuni più abusati di questo ambiente è che gli allenatori si adeguano al materiale a disposizione. Ma quando mai? Prendete Sarri: con gran parte della squadra ereditata da Benitez ha felicemente imposto ben altro gioco.Tutti a tifare Italia e Ventura, naturalmente, ma consapevoli che esiste un’altra strada. Quella che parte dai giocatori di spicco, in assoluto o del momento. Quella che nei tanti Bar Sport della Penisola si sintetizza nella brutale formula: «Fai giocare Insigne e altri 10, non c’interessa come». E che valeva anche per Rivera e Pirlo. Mettere al primo posto il talento individuale e non il sistema di gioco. Cucire un vestito sulla taglia dei migliori, non fornire misure standard in cui non possono ritrovarsi. Anche Montella, con Suso, ha in fondo problemi simili: aveva la migliore ala destra del campionato, ma l’ha messa in discussione eliminando di fatto il suo ruolo nel nuovo assetto del Milan. Intendiamoci: forse hanno ragione loro, i tecnici. Che vedono molte cose per noi non percepibili. C’è sicuramente un buon motivo per cui non sfideremo la Svezia con un semplice 4­3­3 e Insigne ala sinistra. Ventura va inoltre sostenuto su un punto dialettico, a mio avviso non colto dal signor Tradate: si può giocare bene o male con ciascun sistema. È l’interpretazione che conta, cioè la furia che metti in campo, i tre scatti in più, la ferocia agonistica. Li abbiamo visti con Conte, li esige ora Ventura. È questo in realtà il bene che s’intende scambiare con qualche esclusione illustre. Speriamo tutti che il baratto riesca, ricacciando indietro i nostri dubbi.

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Fonte: GdS (A cura di Franco Arturi)

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