Cruyff e la magia del 4-3-3: “Il coraggio viene premiato”

Il suo modulo è quello della generazione di Sarri

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«Chi ha il coraggio di schierare un 4-3-3 come si deve, alla fine viene premiato. A patto che vengano scelti i giocatori giusti». Chissà se Maurizio Sarri ha letto questo passaggio dell’autobiografia di Johan Cruyff, l’ex fuoriclasse e allenatore olandese stroncato da un tumore nello scorso marzo. «La mia rivoluzione» è il racconto terminato da Johan pochi giorni prima di essere stroncato dal tumore ai polmoni diagnosticato cinque mesi prima. In questo racconto c’è  la storia dell’uomo e del professionista, con approfondimenti tattici, anche su quel modulo che Sarri ha scelto per il Napoli e che è diventato in questi giorni oggetto di discussione, dopo le due sconfitte consecutive e l’infortunio di Milik, il 4-3-3. Johan scrive, a proposito di tale sistema di gioco: – “È un metodo offensivo che tuttavia molti allenatori non sanno più gestire. Spesso, quindi, si vedono squadre rintanarsi in area e sperare in un contropiede”, poi aggiunge: “Nel calcio è spesso questione di un metro. Se la palla circola troppo lentamente, l’avversario ha il tempo di avvicinarsi un metro in più. Se invece la palla circola velocemente, può darsi che lui arrivi tardi. Sono questi i dettagli di cui parlo. Nel calcio di alto livello sono infiniti e determinanti per lo stile di gioco. Poiché non sono molti gli allenatori in grado di tenere conto di questi aspetti, l’accento viene posto altrove, sulla potenza invece che sul talento tecnico. Oggi sembra che ci sia bisogno di trovare una soluzione a tutto sulla base di video, analisi e quant’altro. Tutti sanno spiegare tutto. Ma lasciate spazio al talento individuale! Lasciate fare ai giocatori. Avere qualità significa anche vedere ciò che gli altri non vedono. Improvvisare sfruttando il pensiero alternativo. Lo stesso vale per gli allenatori». Questo il pensiero del Divino Johan, che rivoluzionò il calcio Olandese e in seguito Spagnolo, prima da giocatore, poi da allenatore, tornato all’Ajax come tale, ponendo le basi per quel tiki-taka che avrebbe incantato i tifosi del Barcellona e sarebbe diventato il credo di Pep Guardiola, uno dei suoi allievi prediletti. Quei principi – «dalla percezione degli spazi alla capacità di pensare in anticipo» – Cruyff non li aveva appresi su un campo di calcio, ma di baseball, l’altra passione di quel timido ragazzo del quartiere Betondorp di Amsterdam che avrebbe cambiato il mondo.

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Fonte: Il Mattino

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