Amarcord – di Stefano Iaconis: “Veni, Vidi, Vinicio…l’Hasse del tempo!”

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Il camino crepita. Fiamme dietro la grata. Ceppi di legno nodoso. Fanno appena un po’ di fumo. Fuori la vetrata il crepuscolo indugia, con le dita appoggiate dalle cime degli alberi. Oscure, suonano arpeggi di tenebra. “Hasse era buffo. Dentro quei calzoncini troppo grandi, e il ciuffo biondo sempre brillantinato. Anche sotto la pioggia. E Vinicio sembrava un gladiatore uscito da un’arena. Con quel suo modo di correre a spalle in dentro, il torace in fuori. Pareva andare in battaglia. Entrambi avevano una cosa in comune: spaccavano le porte”.

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Nonno fa un colpo di tosse, secco. Si adagia il plaid meglio sulle gambe. E guarda il fuoco. Fuori un tuono fa udire il suo brontolio. Seguito da un lampo azzurrino che zigzaga sul sentiero illuminandolo. Qui in campagna, fuori la città, l’ inverno è più freddo. Nonno mi fa un cenno con il palmo della mano. Mi sorride. Io vado più vicino. Mi incanto quando comincia. “Hasse Jeppson era il lampo. Vinicio il tuono. Lo svedese ed il brasiliano. Facevano impazzire il Collana, su al Vomero. Hasse era quello dei gol impossibili. E poi sbagliava cose semplicissime. Ci faceva ammattire di piacere ed un momento dopo dannarci. Una volta contro l’Atalanta scivolò sulla linea di porta. E la palla restò lì, ferma sulla riga bianca, nè dentro nè fuori. Mentre lui cadeva nella rete. Hai mai sentito l’espressione mannaggia Jeppson? ” Faccio di no con la testa. Nonno si batte una mano sulla coscia.“Nacque da lì”. Ride forte. “Però un’altra volta contro la Spal girò in porta una rovesciata con la palla che arrivava a mezz’aria. Si sollevò di un metro, spalle alla porta, e la colpì con la gamba di richiamo, così”. Nonno fa un gesto con le mani, veloce. Poi sospira. Il ricordo affiora nitido. “Costo’ 105 milioni. Lo prese Lauro. Per ragioni politiche. Era bello il comandante. All’ingresso in campo delle squadre spargeva sale sulle panchine e faceva il giro di campo con il fazzoletto immacolato sventolato a mo di incitamento. Ed il Vomero impazziva” Tossisce ancora. Io gli rimbocco il plaid. Lui mi guarda con quegli occhi liquidi, le sopracciglia cespugliose, la testa con i capelli radi che profuma di brillantina antica. Come quella di Jeppson. “105 milioni costò. Una cifra incredibile. E così quando durante una partita fu messo giù in maniera brusca, qualcuno dagli spalti gridò: “E’ caruto ‘o Banco ‘e Napule!”. Ride e tossisce. Fa un sorriso dolce. “E poi c’ era Vinicio. ‘O lione. Entrò contro il Torino, dalla panchina, e dopo 50 secondi fece gol. Si presentò in quel modo. Aveva le gambe così arcuate che ci saresti passato in mezzo tu senza dover fare niente. Era inarrivabile. Aveva potenza, intelligenza. In campo vedeva il gioco prima degli altri. Un brasiliano con la testa di un tedesco, la fisicità di un anglosassone e la capacità acrobatica di un trapezista. Divenne un idolo. Nel Dicembre del ’59. Io c’ ero, sai. All’inaugurazione del San Paolo. Indovina contro chi?” Mi scompiglia i capelli. Io sono rapito.”Si, contro di loro. La Juve. ‘O lione fece il 2 a 1. In sforbiciata. Un gol impossibile. Incredibile. Vincemmo noi. Fu magnifico”. Chiude gli occhi, nonno. Si lascia cullare dal ricordo. Il respiro lieve. Leggero. Accoccolato nel ricordo. Fuori il tuono brontola. Una saetta lo accompagna. Sono loro, Jeppson e Vinicio. Arrivano a risvegliare i ricordi. Ed io vedo mio nonno sorridere. Con gli occhi chiusi.

a cura di Stefano Iaconis

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