Luciano Spalletti: “Contro gli scozzesi dobbiamo dimostrare di avere il dna dei vincenti”

Il tecnico del Napoli: "Il coro Champions è dei nostri tifosi, hanno il copyright, e quanto a noi, dobbiamo vincere anche per loro"

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E sembrava uno scioglilingua, un percorso accidentato tra le vie della Treccani: acido desossiribonucleico. Ma tra i banchi di scuola, dall’infanzia in su, mentre spiegavano la vita, sistemavano pure nelle lezioni tracce di calcio. «Dobbiamo dimostrare di avere il dna dei vincenti»

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E come se non fossero bastate tredici partite – undici successi e due pareggi – e come se non fossero volati via questi settantuno giorni, prima che si ricominci, in una notte in cui quell’urlo è pronto a spazzar via ogni refolo di malinconia, Luciano Spalletti sceglie la colonna sonora per un’altra piccola impresa che valga a futura memoria. «Il coro Champions è dei nostri tifosi, hanno il copyright, e quanto a noi, dobbiamo vincere anche per loro. Per dimostrare che questa squadra ha nel suo codice genetico solo il successo». 

Posizione di forza. Mancano appena 180 minuti e p oi saranno ottavi di finale, già afferrati con un filotto da perdersi (quattro vittorie, diciassette gol segnati), però adesso da confezionare con tanto di fiocchetto azzurro: i Rangers stasera, poi il Liverpool tra sei giorni; e in questo mini-tour, per un Van che ha già una sua destinazione precisa, bisognerà però scegliersi la corsia preferenziale.

«È una gara difficile, non bisogna lasciarsi ingannare dalla sconfitta degli scozzesi contro i reds. Dobbiamo giocarla come sappiamo, perché batterli potrebbe avere un significato quasi decisivo nel confronto con il Liverpool e ci metterebbe in una posizione di forza: arrivare ad Anfield con 15 punti vorrebbe dire, in sintesi, che per il primo posto sarebbe o potrebbe essere semplicemente una questione di differenza reti».

Però in questo calcio 3.0, senza pause e senza respiro, le variabili impazzite vanno infilate nel preventivo d’una giornata che sa di onore e anche di gloria, di trappole e di acido lattico. «Siamo tornati da Roma nella notte tra domenica e lunedì alle 2; al mattino alle 11 eravamo in campo per un allenamento diversificato. Cambieremo qualcosa, non la nostra natura e spero neanche le nostre qualità. Non ci hanno mai messo in seria difficoltà i nostri avversari, è fondamentale continuare: questo ci impone di essere sempre più bravi per trovare soluzioni nuove e quanto a Mourinho non ho niente da rispondere, ha una storia totalmente differente dalla mia e se parla sto attento a quello che ha detto per capire». 

SENZA BARRIERE. Ma in questo calcio che sa poi (anche) di zona franca, in cui in uno stadio sì e nell’altro pure il Vesuvio viene invocato affinché erutti, la Champions sembra un toccasana, una spruzzata d’aria pura che Spalletti respirerebbe pure in Italia, a modo suo: «Io toglierei le barriere, proverei a costruire stadi nuovi e senza recinzioni. Perché ci sono migliaia di persone che amano questo sport e vogliono soltanto divertirsi e godersi lo spettacolo, portando i bambini al campo». Una Champions (stile Premier) per sempre.

 

Fonte: CdS

 

 

 

 

 

 

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