Gravina conferma: “Ci sono no vax nel calcio” – Il potere delle Asl  e lo spauracchio dei casi positivi  

«Se interviene l’Autorità sanitaria locale noi possiamo fare proprio poco»  

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G. Marota scrive sul CorrSport:

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L a bolla ideale che ha permesso al calcio di restare praticamente immune negli ultimi mesi si è bucata. Con il pallone sgonfio si può sempre giocare, certo, ma con il crescente aumento di contagi nel Paese tornano prepotentemente d’attualità i protocolli che sono nati per permettere ai campionati di andare avanti anche in situazioni critiche; regole che la Federazione ha sempre difeso e che oggi escono dai cassetti per tornare sulle scrivanie di dirigenti e addetti ai lavori. Proviamo a fare chiarezza.

 

I calciatori si sottopongono ancora al tampone 48 ore prima delle partite come avveniva nello scorso campionato?
” vaccinati no, gli altri sì. La partecipazione alle gare e agli allenamenti, recita il protocollo, «è subordinata al possesso del green pass rafforzato o della semplice certificazione verde Covid-19». 

Quindi i no-vax possono continuare a giocare? Fino all’ultimo chiarimento governativo è stato così. Ma nelle FAQ pubblicate dal Dipartimento, in seguito al decreto di Natale, viene specificato che «a partire dal 10 gennaio 2022 l’accesso agli spogliatoi è consentito esclusivamente ai soggetti muniti della cosiddetta certificazione verde rafforzata». Per accedere alle strutture non basta più la certificazione “da tampone”.
 
I club possono obbligarli a vaccinarsi? Al momento no. Quella del calciatore non è infatti tra le categorie di lavoratori che rientra nell’obbligo per legge. 

Quanti sono i no-vax nel calcio di alto livello? La Figc stima possano essere intorno al 2% dei tesserati. 


Quindi la bolla esiste ancora? E se c’è un positivo all’interno della squadra?
In caso di positività all’interno del gruppo squadra (calciatori, staff tecnico, staff medico, fisioterapisti, magazzinieri) viene effettuato il tracciamento degli ultimi due giorni e viene a crearsi la cosiddetta “bolla” disposta dalla Asl, che può richiedere il tampone a tutti i contatti stretti del positivo e concedere l’isolamento “casa-lavoro” dei negativi, oppure vietare gli spostamenti verso altre città. 

Cosa succede se la Asl impedisce a una squadra di partire? 
«Quando interviene l’autorità sanitaria locale possiamo fare poco» ha confermato di recente il presidente della Figc, Gravina. La partita non si gioca e le carte passano al giudice sportivo che valuta caso per caso e può disporre il rinvio, oppure decretare la sconfitta a tavolino.

Ma che colpa ne ha la squadra che non può viaggiare perché “bloccata”? In teoria nessuna. Infatti nella passata stagione le gare Juve-Napoli e Lazio-Torino sono finite a carte bollate e il Collegio di Garanzia del Coni ha accolto le istanze dei club ospiti, facendo giocare le partite successivamente. 

La Lega Serie A ha delle linee guida che stabiliscono i criteri di rinvio delle gare in caso di focolai? Le aveva nella stagione 2020-21. E cioè: si gioca se ci sono almeno 13 elementi a disposizione, ogni club ha un bonus rinvio da spendere e si rinvia d’ufficio con 10 o più positivi all’interno di un gruppo per 7 giorni consecutivi. Ma con la vaccinazione di massa, in estate, queste norme sono state cancellate. 

Quali requisiti servono per andare allo stadio? Accedono agli impianti solo i possessori della certificazione verde “rafforzata”, indossando le mascherine FFP2. Non saranno ammessi altri dispositivi di protezione. 

Chi è vaccinato deve effettuare comunque un tampone prima di andare a vedere la partita? No. Si è parlato a lungo di questa misura, ma non è stata approvata. 
 
Familiari e parenti possono sedersi vicini? L’ultimo decreto re-introduce il distanziamento tramite la disposizione “a scacchiera” dei seggiolini: sarà obbligatorio lasciare un posto vuoto alla propria destra e uno alla propria sinistra. I palasport resteranno invece aperti al 35% di capienza, al chiuso vietato il consumo di cibi e bevande. 

Fonte: CdS

 

 

 

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